La polemica che si è scatenata attorno a Uber ai margini del dramma dei rifugiati che si è consumato all’aeroporto JFK di New York lo scorso weekend in conseguenza dell’ordine esecutivo emesso dal Presidente Donald Trump che ha sospeso l’ingresso negli USA ai cittadini di sette paesi arabi parrebbe avere i primi effetti anche nel mondo della sharing economy. La rapida diffusione sui social network dell’hashtag #DeleteUber potrebbe essere infatti alla base dei tanti download che l’app di Lyft, il principale concorrente di Uber nel segmento del ride sharing, sta avendo in queste ore negli USA. Lyft ha infatti superato nella classifica di AppStore (secondo i dati di Appannie) la rivale e nella giornata di oggi 30 gennaio risulta essere la quarta app più scaricata in USA. (Il 28 gennaio sempre secondo Appannie l’app di Uber era tredicesima mentre quella di Lyft era ventisettesima). Tra gli utenti del colosso fondato da Travis Kalanick si è, infatti, diffuso da venerdì il mal contento in seguito alla decisione – annunciata su Twitter tramite l’account @Uber_NYC – della società californiana di eliminare il sovrapprezzo dalla proprie corse. Tale mossa è stata interpretata dagli utenti come una decisione collegata allo sciopero di un’ora (proclamato dalle 6 alle 7 PM del 28 gennaio) all’aeroporto JFK promosso dalla New York Taxi Workers Alliance in segno di solidarietà a tutti coloro che proveniendo dai sette paesi colpiti dall’ordine esecutivo si sono visti sospendere l’ingresso negli USA. Il servizio di ride sharing è stato accusato su Twitter di strike breaking che letteralmente significa rottura dello sciopero. Uber dopo qualche ora ha precisato sempre su Twitter che il suo tweet non voleva significare “To break strike” cioè rompere lo sciopero e ha ricordato quanto scritto dal fondatore Travis Kalanick che su Facebook aveva annunciato il sostegno pro bono per i prossimi 90 giorni ai driver Uber colpiti dal provvedimento del Presidente USA. Inoltre, nella giornata di oggi 30 gennaio Lyft ha reso noto di aver stanziato 1 milione di US$ da devolvere nei prossimi quattro anni all’American Civil Liberties Union (ACLU). Come scritto da SocialEconomy, anche Uber oggi si è mobilitata sul tema emigrazione. Uber, infatti, tramite il proprio blog e i social network ha diffuso oggi la lettera inviata dal CEO Travis Kalanick ai driver operanti negli USA colpiti dall’ordine esecutivo emesso da Donald Trump. “L’ingiusto divieto posto dal Presidente Trump negli Stati Uniti ha portato il nostro team USA a mobilitarsi a sostegno dei tanti autisti coinvolti” ha scritto Uber nel post su Facebook con cui è stata resa nota la lettera del fondatore del big della sharing economy. I punto salienti dell’intervento di Kalanick sono: supporto legale 24/7 per tutti gli autisti che stanno cercando di rientrare negli Stati Uniti; un indennizzo per i guadagni persi dagli autisti posti in condizione di non poter guidare; richiesta al governo di ristabilire con urgenza il diritto di viaggiare a tutti i cittadini residenti negli Stati Uniti; un fondo di 3 milioni di dollari per la difesa legale degli autisti coinvolti. La lettera integrale del CEO del colosso del ride sharing Travis Kalanick è disponibile al seguente link https://newsroom.uber.com/standing-up-for-the-driver-community/