Lyft, uno dei principali competitor di Uber nel ride sharing, in occasione dell’ Equal Pay Day di ieri 4 aprile ha proposto un’iniziativa per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla parità di trattamento economico tra uomini e donne. La giornata del 4 aprile è in USA il giorno nel quale le donne riescono a raggiungere lo stipendio degli uomini con tre mesi di lavoro in più. In media il divario salariale tra i due generi è stimato negli Stati Uniti nella misura del 20%. Ieri la società della sharing economy, in collaborazione con LeanIn.Org, ha donato il 20% delle corse realizzate tra le 8 e le 18 alle organizzazioni che sostengono le donne le le famiglie tra cui Dress for Success®, Feeding America, Boys & Girls Clubs of America, e AAUW. Secondo autorevoli studi economici se il divario di retribuzione tra i generi venisse ridotto sarebbero 2,4 milioni le famiglie statunitensi che uscirebbero dallo stato di povertà.
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Con Lyft Premier in 19 città USA il ride sharing diventa a 5 stelle
Lyft, l’operatore di ride sharing e principale competitor di Uber, ha annunciato di aver esteso la lista delle città in cui è disponibile il servizio Premier, il segmento di lusso di Lyft nato per soddisfare i bisogni di chi necessità di una autovettura a cinque stelle. Le auto che fanno parte di Lyft Premier sono SUV come la serie 5 BMW, Audi A6, Lexus ES, o Cadillac Escalade. Le città in cui è attivo il servizio lusso di Lyft sono diciannove ma il numero è destinato a aumentare ulteriormente: Atlanta, Baltimore, Boston, Chicago, Dallas, Denver, Las Vegas, Los Angeles, Miami, New Jersey, New York City, Orange County, Philadelphia, Phoenix, San Diego, San Francisco, Seattle, Silicon Valley, e Washington, D.C. La scelta di estendere il numero delle città in cui è possibile richiedere una auto Premier dimostra come i servizi della sharing economy siano sempre più attenti al segmento di clientela business.
Uber torna a essere l’app di ride sharing più scaricata su AppStore USA. Finito l’effetto del #DeleteUber
Dall’1 di febbraio Uber è ritornata a essere la app di ride sharing, la condivisione dell’auto dell’era della sharing economy, più scaricata nell’AppStore di Apple USA. Uber, come mostrano i dati di Appannie, è riuscita quindi a riappropriarsi in pochissimo tempo del primato e a ritornare davanti alla concorrente Lyft. Negli ultimi giorni di gennaio la rivale Lyft – dopo la polemica che si era scatenata attorno a Uber con l’hashtag #DeleteUber lanciato sui social network da molti utenti della società – aveva superato la società di Travis Kalanick come numero di download di app effettuate negli Stati Uniti tramite lo store di Apple. Le polemiche degli utenti Uber erano nate lo scorso weekend subito dopo l’entrata in vigore dell’ordine esecutivo emesso da Donald Trump in materia di immigrazione quando, come testimoniato da numero post sui vari social network, alcuni utenti avevano cancellato l’app Uber dai propri smartphone o tablet in segno di solidarietà ai tassisti di New York che stavano scioperando contro il provvedimento del neo Presidente USA. Il dato dell’1 febbraio è stato confermato anche dai download effettuati nella giornata di ieri 2 febbraio.
Sharing economy e Trump: Lyft scalza Uber nella classifica AppStore USA. Effetto del #DeleteUber?
La polemica che si è scatenata attorno a Uber ai margini del dramma dei rifugiati che si è consumato all’aeroporto JFK di New York lo scorso weekend in conseguenza dell’ordine esecutivo emesso dal Presidente Donald Trump che ha sospeso l’ingresso negli USA ai cittadini di sette paesi arabi parrebbe avere i primi effetti anche nel mondo della sharing economy. La rapida diffusione sui social network dell’hashtag #DeleteUber potrebbe essere infatti alla base dei tanti download che l’app di Lyft, il principale concorrente di Uber nel segmento del ride sharing, sta avendo in queste ore negli USA. Lyft ha infatti superato nella classifica di AppStore (secondo i dati di Appannie) la rivale e nella giornata di oggi 30 gennaio risulta essere la quarta app più scaricata in USA. (Il 28 gennaio sempre secondo Appannie l’app di Uber era tredicesima mentre quella di Lyft era ventisettesima). Tra gli utenti del colosso fondato da Travis Kalanick si è, infatti, diffuso da venerdì il mal contento in seguito alla decisione – annunciata su Twitter tramite l’account @Uber_NYC – della società californiana di eliminare il sovrapprezzo dalla proprie corse. Tale mossa è stata interpretata dagli utenti come una decisione collegata allo sciopero di un’ora (proclamato dalle 6 alle 7 PM del 28 gennaio) all’aeroporto JFK promosso dalla New York Taxi Workers Alliance in segno di solidarietà a tutti coloro che proveniendo dai sette paesi colpiti dall’ordine esecutivo si sono visti sospendere l’ingresso negli USA. Il servizio di ride sharing è stato accusato su Twitter di strike breaking che letteralmente significa rottura dello sciopero. Uber dopo qualche ora ha precisato sempre su Twitter che il suo tweet non voleva significare “To break strike” cioè rompere lo sciopero e ha ricordato quanto scritto dal fondatore Travis Kalanick che su Facebook aveva annunciato il sostegno pro bono per i prossimi 90 giorni ai driver Uber colpiti dal provvedimento del Presidente USA. Inoltre, nella giornata di oggi 30 gennaio Lyft ha reso noto di aver stanziato 1 milione di US$ da devolvere nei prossimi quattro anni all’American Civil Liberties Union (ACLU). Come scritto da SocialEconomy, anche Uber oggi si è mobilitata sul tema emigrazione. Uber, infatti, tramite il proprio blog e i social network ha diffuso oggi la lettera inviata dal CEO Travis Kalanick ai driver operanti negli USA colpiti dall’ordine esecutivo emesso da Donald Trump. “L’ingiusto divieto posto dal Presidente Trump negli Stati Uniti ha portato il nostro team USA a mobilitarsi a sostegno dei tanti autisti coinvolti” ha scritto Uber nel post su Facebook con cui è stata resa nota la lettera del fondatore del big della sharing economy. I punto salienti dell’intervento di Kalanick sono: supporto legale 24/7 per tutti gli autisti che stanno cercando di rientrare negli Stati Uniti; un indennizzo per i guadagni persi dagli autisti posti in condizione di non poter guidare; richiesta al governo di ristabilire con urgenza il diritto di viaggiare a tutti i cittadini residenti negli Stati Uniti; un fondo di 3 milioni di dollari per la difesa legale degli autisti coinvolti. La lettera integrale del CEO del colosso del ride sharing Travis Kalanick è disponibile al seguente link https://newsroom.uber.com/standing-up-for-the-driver-community/
I taxi di New York si schierano contro l’ordine esecutivo di Donald Trump e invitano i driver di Uber e Lyft a fare altrettanto
L’hashtag #DeleteUber nelle ultime ore è stato trend topic su Twitter a livello mondiale. La notizia è stata riportata da diverse siti di news internazionali tra cui Al Jazeera e Mashable. Tra gli utenti del colosso del ride sharing si è, infatti, diffuso il mal contento in seguito alla decisione – annunciata su Twitter tramite l’account @Uber_NYC – della società californiana di eliminare il sovrapprezzo dalla proprie corse. Tale mossa è stata, infatti, interpretata dagli utenti come una decisione collegata allo sciopero di un’ora (dalle 6 alle 7 PM del 28 gennaio) all’aeroporto JFK promosso dalla New York Taxi Workers Alliance in segno di solidarietà a tutti coloro che proveniendo dai sette paesi colpiti dall’ordine esecutivo si sono visti sospendere l’ingresso negli USA. Il servizio di ride sharing è stato accusato su Twitter di strike breaking che letteralmente significa rottura dello sciopero. Uber dopo qualche ora ha precisato sempre su Twitter che il suo tweet non voleva significare “To break strike” cioè rompere lo sciopero e ha ricordato quanto scritto dal fondatore della società della sharing economy Travis Kalanick su Facebook con il quale ha annunciato che Uber sosterrà pro bono per i prossimi 90 giorni i driver Uber colpiti dal provvedimento del Presidente USA. Kalanick nel suo intervento aveva anche scritto che il “divieto avrà un impatto molte persone innocenti”. Qualche ora dopo la New York Taxi Workers Alliance ha annunciato per oggi 29 gennaio alle 2 PM una protesta a Battery Park City invitando i driver dei taxi gialli, verdi, neri e quelli di Uber e Lyft a unirsi alla protesta contro il provvedimento presidenziale.
Lyft inaugura una nuova fase di espasione negli USA
Lyft, il principale competitor di UBER negli USA nel settore del ride sharing, ha annunciato ieri in tarda serata italiana che ha avviato un forte programma di espansione negli Stati Uniti. Il big della sharing economy ha, infatti, dichiarato tramite un post sul proprio blog che porterà i propri servizi in cento nuove città dell’America del nord. Grazie a questa espansione Lyft avrà una copertura complessiva in oltre 300 città e arriverà a comprire con i propri servizi potenzialenre 231 milioni di statunitensi pari al 72% della popolazione USA. La prima onda dei questa fase di espasione di Lyft è iniziata con la copertura di 40 nuove città USA nel Southwest, Southeast, North e South Carolina, Rockies, Midwest, New England e Central California.
Lyft: addio ai baffi rosa, con Amp corse più facili, veloci e colorate
Addio baffi rosa (in inglese pink mustache). Lyft, la celebre società di ride sharing che insieme Uber rappresenta una delle principali società del settore nel campo della sharing economy, ha deciso di abbandonare l’emblema che l’ha resa famosa e riconoscibile negli USA e non solo. La società ha deciso, infatti, di mandare in soffitta quei baffetti rosa che rendevano riconoscibili le proprie auto dal 2012 e di sostituirli con un nuovo marchio che è anche un dispositivo luminoso e interattivo, chiamato Lyft Amp. Amp è un dispositivo portatile (la forma ricorda i tassametri vintage dei taxi tradizionali) con connessione bluetooth che è dotato di due schermi LED integrati nella parte anteriore e posteriore. Amp inizierà a circolare sulle auto di Lyft a partire dal Capodanno 2017, quando la società inizierà a distribuirlo ai suoi driver nelle città di tutti gli USA tra cui New York, San Francisco, Las Vegas e Los Angeles. Con tale scelta di Lyft rinnova quindi la propria immagine e lo fa offrendo al contempo un servizio ai propri clienti: facilitare l’individuazione della propria auto al momento del pick up. Infatti, la parte anteriore di Amp visibile dal parabrezza anteriore si illumina con un colore psichedelico e tramite una tecnologia beacon l’app dell’utente si illuminerà dello stesso colore così da facilitare il contatto e la riconoscibilità rider/driver. La schermo posteriore di Amp, invece, serve per far scorrere dei messaggi visibili all’utente una volta che questo sarà entrato a bordo dell’auto. Il funzionamento di amp viene illustrato molto bene dal video predisposto dalla società USA visibile sui principali social network tra cui Facebook e YouTube.Il lancio di Amp coincide con un ulteriore rafforzamento della strategia di comunicazione e di advertising comunicata attraverso il corporate blog di Lyft. A questo proposito la società californiana ha creato quattro spot pubblicitari video trasmessi in TV e online visibili anche sul canale YouTube della società. L’hashtag della campagna di commercial ADV è #RideOnTheBrightSide
Spot 1 https://m.youtube.com/watch?list=PL-04sKrMar6OzoWJCqNdCoeaghGFVT-AB¶ms=OAFIAVgB&v=xj2VWLV0xCU&mode=NORMAL
Spot 2 https://m.youtube.com/watch?list=PL-04sKrMar6OzoWJCqNdCoeaghGFVT-AB¶ms=OAFIAVgC&v=QDVUHRVJceo&mode=NORMAL
Spot 3 https://m.youtube.com/watch?list=PL-04sKrMar6OzoWJCqNdCoeaghGFVT-AB¶ms=OAFIAVgD&v=AjMDDqytSJY&mode=NORMAL
Spot 4 https://m.youtube.com/watch?list=PL-04sKrMar6OzoWJCqNdCoeaghGFVT-AB¶ms=OAFIAVgE&v=NJbJzNjrG44&mode=NORMAL
Nell’ultimo anno il 24% degli statunitensi ha guadagnato soldi con gig economy, ecommerce e sharing economy
Il 24% degli americani nel corso degli ultimi dodici mesi ha guadagnato soldi attraverso una piattaforma di gig economy, sharing economy o di eCommerce. Questi dati emergono da una ricerca condotta dal Pew Research Center su una panel di statunitensi adulti. Il reddito generato da questo tipo di attività per alcuni rappresenta un extra budget mentre per altri è servito a rispondere a alcune necessità personali. Da tuttofare a programmatore di computer, da autista per operatori di ride sharing (Uber o Lyft ad esempio) a consegna di cibo, gli americani si sono oramai da tempo aperti a queste forme di lavoro al posto o in aggiunta al tradizionale lavoro dipendente. Queste forme lavorative hanno talmente preso campo che la loro tutela -come SocialEconomy via ha raccontato – è entrata a far parte dei dibattiti elettorali per le recenti elezioni presidenziali USA che hanno visto il trionfo di Donald Trump. Il successo di queste lavoretti è stato possibile grazie alla grande varietà di piattaforme di vario tipo che oggi vivono sui canali digitali e che consentono agli utenti di guadagnare denaro condividendo il proprio tempo per svolgere lavori occasionali, vendere i propri beni usati o le proprie produzioni artigianali oppure condividendo beni o servizi. Dallo studio emerge che quasi un americano su dieci (8%) ha guadagnato denaro nel corso dell’ultimo anno utilizzando piattaforme digitali per svolgere un lavoro o un’attività; quasi uno su cinque (18%) ha guadagnato denaro nell’ultimo anno vendendo qualcosa online, mentre l’1% ha affittato le propria proprietà su un sito di home sharing (come Airbnb ad esempio). Sommando tutti coloro che hanno effettuato almeno una di queste tre attività, si arriva a circa il 24% degli adulti americani, quasi uno statunitense su quattro, che ha guadagnato soldi nel corso dell’ultimo anno con quella che nello studio viene definita “economia della piattaforma”. Come detto, all’interno di questo 24% ci sono coloro che si affidano a questa forma integrativa di entrate in modo occasionale occupando così il proprio tempo libero e coloro che, invece, fanno ricorso a questa tipologia di lavoro in modo abituale.
Questi risultati dell’indagine evidenziano alcuni temi chiave legati all'”economia della piattaforma”. In primo luogo, illustra la grande varietà di modi in cui gli americani hanno guadagnato soldi da diverse piattaforme digitali. Nel caso della gig economy on demand (l’economia dei piccoli lavori su richiesta), il 5% degli americani indica che si è guadagnato i soldi da una piattaforma di lavoro nel corso dell’ultimo anno per fare attività online (ciò include potenziamente qualsiasi cosa, da lavori IT a indagini o data entry. Alcuni, il 2%, degli americani hanno guadagnato soldi con la guida di attività di ride sharing, mentre l’1% ciascuno ha usato queste piattaforme per eseguire attività commerciali o di consegna, così come le attività di pulizia o di lavanderia. Un ulteriore 2%, infine, ha fatto una grande varietà di lavoretti che non rientrano in nessuno di questi quattro gruppi. Secondo elemento che rileva questa indagine sono le differenze marcate tra gli americani che guadagnano soldi dalle piattaforme di lavoro in cui gli utenti contribuiscono con il proprio tempo e fatica rispetto a coloro che guadagnano soldi da piattaforme di capitale in cui contribuiscono con le proprie merci o beni. La partecipazione a piattaforme di lavoro, per esempio, sono più comuni tra i neri e latinos che tra i bianchi, sono più diffuse tra coloro che hanno un reddito familiare basso rispetto a quelli con redditi alti e sono più diffuse tra i giovani adulti rispetto a qualsiasi altro cluster di età. Quando si tratta di piattaforme di capitale come la vendita on-line, è vero il contrario: la vendita online è più diffusa tra i bianchi che i neri, è più comune tra i benestanti e istruita rispetto a quelli con livelli più bassi di reddito e di istruzione, ed è praticata da persone con età trasversali. Circa il 60% degli utenti delle piattaforme di gig economy dicono che i soldi che guadagnano da questi siti è “essenziale” o “importante” per la propria situazione finanziaria complessiva, ma solo uno su cinque venditori online (20%) descrivere i soldi che guadagna negli stessi termini. La terza evidenza della ricerca riguarda la parte economica di queste attività. Nel caso di lavori gig, i lavoratori che descrivono il reddito che guadagnano da queste piattaforme come” essenziale “o” importante “sono coloro che provengono da famiglie a basso reddito, non-bianchi e che non hanno frequentato l’università . Essi hanno meno probabilità di eseguire attività on-line ma più probabilmente sceglieranno come lavoretti ride attività fisiche come il ride, lavori di pulizia e di lavanderia. Essi sono anche significativamente più propensi a dire che sono motivati a fare questo tipo di lavoro perché hanno bisogno di essere in grado di controllare la propria agenda (questi lavoro sono prestati su base volontaria su richiesta e quindi occupano lassi temporali ben determinato) o perché non ci sono molti altri posti di lavoro a loro disposizione. Come quarto punto l’indagine rileva che il grande pubblico ha una vista decisamente contrastanti riguardo posti di lavoro nella gig economy. Da un lato, la maggioranza degli americani ritiene che questi posti di lavoro sono buone opzioni per le persone che vogliono un lavoro flessibile (68%) o per gli adulti più anziani che non vogliono più lavorare a tempo pieno (54%). D’altra parte, circa a uno su cinque ritiene che questi posti di lavoro pongono troppo oneri finanziari a carico dei lavoratori (21%) e lasciano che le aziende approfittano dei lavoratori (23%), mentre solo il 16% ritiene che questo tipo di lavoro offre posti di lavoro. Infine, dalla ricerca emerge anche che il 23% di coloro che utilizzano piattaforme “gig” per il lavoro sono studenti; la maggioranza si descrivono come essere impiegato a tempo pieno (44%) o part-time (24%), mentre il 32% dichiara di non essere impiegati; Uno su cinque venditori online (19%) affermano che i social media sono estremamente importanti come mezzi di supporto alla vendita dei propri prodotti. In particolare sono le donne che vendono online a dire che si basano sui social media; Il 26% degli utenti delle piattaforme gig si considerano dipendenti dei servizi che usano per trovare lavoro e il 68% si vedono come imprenditori indipendenti.; Il 29% dei lavoratori gig non ha ricevuto il pagamento che gli sarebbe spettato per aver svolto un’attività.
Car sharing: da Zipcar noleggi gratis in USA nell’Election Day
Zypcar, uno dei maggiori operatori di car sharing degli USA, in occasione dell’Election Day che si celebra oggi 8 novembre 2016, rende gratuito (al netto di tasse e oneri) l’utilizzo di alcune sue autovetture. A rendere nota la promozione #DriveTheVote, valida nel giorno in cui gli americani sono chiamati a scegliere il successore di Barack Obama alla Presidenza della Nazione, è stata la stessa società attraverso il proprio sito web. Come riportato da alcuni media d’oltreocenano tra cui Oakland Press e Business Insider, le autovetture Zipcar disponibili sono oltre 7.000. La promozione che rende gratuito l’utilizzo dell’auto tra le 6 e le 10 di sera si applica alle prenotazioni che saranno fatte a partire dalle ore 9 dell’8 novembre. Come spiegato da Zipcar, l’iniziativa si applica alle seguenti autovetture:
- Ford: Focus Sedan, Focus Hatchback, Fiesta, Fiesta Hatchback, C-Max
- Honda: Civic, Fit
- Hyundai: Elantra, Elantra GT
- Jeep: Renegade
- Kia: Soul, Forte
- Mazda: 3
- Mitsubishi: Lancer
- Nissan: Sentra, Versa, Versa Hatchback
- Subaru: Impreza
- Toyota: Prius, Corolla
- Volkswagen: Golf, Jetta
L’offerta è disponibile in tutte le location di Zipcar negli USA. Le autovetture prescelte saranno chiaramente disponibili fino a esaurimento (è la stessa società a prevedere che siano esaurite in breve tempo). La logica dell’iniziativa, cosi come quelle portate avanti dalle società della sharing economy fronte ride sharing Lyft e Uber che SocialEconomy vi ha raccontato, e quella di rendere più semplice l’esercizio del voto da parte degli aventi diritto. Per questo motivo anche se la promozione è aperta a tutti gli utenti Zipcar, la società chiede a coloro che non userebbero le autovetture disponibili per recarsi al seggio di lasciarle a disposizione di coloro che hanno bisogno di un mezzo di trasporto per recarsi al seggio. Come ampiamente noto queste elezioni presidenziali americane vedono una sfida all’ultimo voto tra Donald Trump e Hillary Clinton.
Sharing economy, nell’Election Day Lyft offrirà il 45% di sconto per recarsi alle urne
Lyft, il servizio di ride sharing attivo negli Stati Uniti, Vietnam, Indonesia, Malaysia, Singapore, Thailandia e Filippine, in occasione dell’election day USA di domani 8 novembre ha deciso di incentivare l’espressione del voto offrendo a uno sconto del 45% a coloro che, trovandosi in una delle 20 aree coperte dalla promozione, sceglieranno un’auto guidata dall’azienda dai baffi rosa per recarsi alle urne. Ad annunciarlo è stata la stessa azienda, uno dei big player della sharing economy tramite una mail inviata agli utenti eleggibili. “Trovare, convenienti opzioni di trasporto a prezzi accessibili è stato tradizionalmente un ostacolo al voto. Ecco perché Lyft vuole contribuire a rendere più facile lo spostamento ai passeggeri per il giorno delle elezioni”, questo quanto affermato dalla società in una email inviata qualche ora fa. Lyft offrirà lo sconto del 45% nella fascia oraria compresa tra 07:00-08:00 di Martedì 8 novembre. La disponibilità comunque secondo quantomeiportato nella mail è limitata. Per accedervi occorre I farlo il “Deal of the Week”. Per qunto riguarda inuovi utenti, Lyft darà loro un bonus di 5 US dollari da utilizzare nelle prime 10 corse utilizzando Martedì il codice November8th. Le elezioni americane per scegliere il quarantacinquesimo Presidente degli USA vedono contrapposti la democratica Hillary Clinton è il repubblicano Donald Trump. Molti osservatori negli ultimi mesi hanno notato che il voto dei millennial potrebbe essere importante nella definizione della competizione. Chissà se la sharing economy darà, quindi, il proprio contributo indiretto nella scelta del nuovo Commander in Chief chiamato a sostituire l’uscente Barack Obama. Come raccontato da SocialEconomy per combattere l’astensionismo è anche nato un servizio dal nome VoterDrive che offre corse gratuite per le urne elettorali tramite Uber.