
Adesso è ufficiale: come riportato da molti media di oltreoceano ( http://www.washingtontimes.com/news/2015/jul/14/hillary-clinton-sideswipes-uber-spars-with-jeb-bus/ ) la sharing economy è entrata nel dibattito politico tra i candidati per le presidenziali americane . A accendere l’attenzione sulla sharing economy è stata Hillary Clinton che durante la presentazione delle linee guida del suo programma economico tenutosi lunedì presso la The New School di Mahattan ha dichiarato – senza citare il nome di nessuna società – che l’economia della condivisione (la “Gig Economy”) sta creando interessanti opportunità e sta sostenendo l’innovazione ma al contempo sta sollevando interrogativi riguardo la protezione dei posti di lavoro. A breve distanza Allie Brandenburger, un portavoce per la campagna presidenziale del candidato repubblicano Jeb Bush ha replicato affermando che aziende come Uber creano posti di lavoro e non vanno soffocate. Dello stesso avviso è Rand Paul, altro candidato repubblicano, che ha affermato che servizi come Uber, Airbnb e Lyft stimolano l’economia americana.
Dopo le reazioni dei Repubblicani il team della Clinton è intervenuto per respingere che la candidata democratica ha intenzione di intraprendere una “guerra” sull’economia della condivisione. In particolare Stephanie Hannon, Chief Technology Officer della campagna di Clinton ha scritto un post su Medium https://medium.com/@twephanie/hillary-clinton-on-the-sharing-economy-and-jobs-of-the-future-1df8fd9a7218 ) in cui si è detta sorpresa dell’attacco subito da Hillary e ribadendo che la sharing economy sta creando nuove opportunità di extra guadagno per gli americani ha sottolineato che la Clinton sta impegnandosi per dare uguali garanzie a tutti i lavoratori.
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