Con Walliance e Club Deal salgono a 21 le società di equity crowdfunding autorizzate dalla Consob

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Foto Walliance – Facebook

Salgono a ventuno le società di equity crowdfunding (una forma di fund raising delle società tipica dell’era della sharing economy) che hanno ottenuto la necessaria autorizzazione Consob a operare in Italia. Le ultime in ordine di tempo a ottenere il via libera dall’Autorità sono state Club Deal e  Walliance. La prima delle due società ha sede a Milano ed è guidata dal CEO Antonio Chiarello. Da quanto si intuisce dal sito web della società per entrare a far parte del club (il numero delle iscrizioni è limitato) occorre compilare una domanda apposita e essere disposti a sborsare 800 euro a titolo di quota di iscrizione annuale. Club Deal si presenta come angel investor che si pone l’obiettivo di investire nelle start-up made in Italy.  Per quanto riguarda Walliance dal web site dell’operatore si apprende che è una startup innovativa con sede a Trento e guidata dal CEO Giacomo Bertoldi. Walliance sarà una piattaforma di equity crowdfunding dedicata al settore real estate (immobiliare). Sulla propria pagina Facebook Walliance ha reso noto che è iniziato il countdown per il lancio della prima piattaforma italiana di Real Estate Equity Crowdfunding ed è stata aperta la waitlist per proporre il proprio progetto d’investimento. 

 

Uber ottiene la sospensiva. Potrà continuare a operare in Italia

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Uber, il colosso della sharing economy californiano, ha ottenuto la sospensiva del provvedimento emesso nei giorni scorsi dal Tribunale di Roma che stabiliva la sospensione del servizio per concorrenza sleale. Come raccontato da SocialEconomy il provvedimento dei giudici romani era arrivato a esito di una denuncia presentata da alcune associazioni che riuniscono i taxi italiani. Secondo il provvedimento emesso oggi, la società di ride sharing potrà, quindi, continuare a erogare i propri servizi fino a esito del giudizio di appello presentato da Uber stesso.

 

Due norme del DEF avranno un impatto diretto sulla sharing economy

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Nel DEF – il Documento di Economia e Finanza – approvato nelle scorse ore dal Consiglio dei Ministri sono previste due norme che avranno effetto sulla sharing economy. La prima riguarda l’introduzione della cedolare secca del 21% sugli affitti brevi  inferiori ai 30 giorni. Per questa tipologia di affitti, in sostanza, gli intermediari (sia digitali che fisici) agiranno in qualità di sostituto d’imposta trattenendo automaticamente al momento della conclusione della transazione il 21% della stessa a titolo di ritenuta fiscale. Gli intermediari (tra cui Airbnb solo per citare il più famoso)  verseranno quanto trattenuto alla casse pubbliche dello stato e emetteranno la certificazione unica per il proprietario dell’immobile . Tale norma (che a scanso di equivoci non è una tassa su Airbnb malgrado sia stata battezzata cosi a livello mediatico) serve a combattere la possibile evasione fiscale dei proprietari degli immobili adibiti a affitti temporanei. La seconda norma riguarda l’equity crowdfunding che viene inserito tra le forme di finanziamento alternative a favore delle PMI e delle startup innovative.

 

BikeMi da record nella settimana del Salone del Mobile

 

 

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La Settimana del Mobile 2017 appena conclusa ha fatto registrare record eccezionali per il servizio BikeMi, il servizio di bike sharing attivo nel Comune di Milano. I dati che dimostrano il successo di questa forma di sharing economy nel capoluogo lombardo sono i seguenti: mercoledì 5 aprile BikeMi ha registrato il record assoluto di utilizzi in un solo giorno dal 2008, cioè da quando il servizio è in funzione, con 23.370 prelievi, così come l’8 aprile sono state prelevate 16.106 bici, un altro record assoluto di prelievi, considerando che si tratta di un sabato. Tra sabato 8 aprile e domenica 9 aprile sono stati sottoscritti rispettivamente 584 e 485 abbonamenti giornalieri, per un totale di 1.069, con un aumento del 152% rispetto agli stessi giorni dell’anno precedente, mentre i settimanali hanno registrato +102% a confronto con la settimana precedente. In totale nei sei giorni tra il 4 e il 9 aprile sul BikeMi ha pedalato il mondo. Durante il Salone del mobile sono stati sottoscritti 2.619 abbonamenti settimanali o giornalieri da persone provenienti da tutti i continenti a eccezione dell’Antartide. Infatti, se il 56% di questi risulta essere sottoscritto da italiani il resto è costituito da 222 olandesi, 160 tedeschi, 121 francesi; 89 utenti provengono dal Regno Unito, 64 dalla Svizzera, 55 dal Belgio a pari merito con gli Stati Uniti. Il Far East è capitanato da 44 giapponesi seguiti da residenti in  Corea del Sud (in 10, come Grecia e Svezia), India (sono in 6 come i romeni, gli ungheresi e i ciclisti della Repubblica Ceca) e Cina (4 come i messicani, i portoghesi, gli ucraini, i bulgari e i residenti a Hong Kong).  Sono stati 7 gli australiani, altrettanti i lussemburghesi e 5 gli africani (2 algerini, 2 sudafricani e un egiziano). In 20 dal Brasile e dall’Austria, 41 gli spagnoli, 26 i turchi, 23 i danesi, 21 i finlandesi, 16 i polacchi e 15 i norvegesi e questo solo per fare qualche esempio. Domenica 9 aprile sono stati superati i 60.000 abbonati annuali attivi, con un incremento di annuali iscritti del 22% rispetto al 2016 e del 43% rispetto alla settimana precedente. In generale gli utilizzi totali nella settimana del design sono stati 114.158 e hanno avuto un aumento del 25% se confrontati con il 2016 e con la settimana prima dell’apertura del Salone. Sono stati percorsi 234.024 km con un risparmio di quasi 50mila chilogrammi di CO2.  Per gestire questo traffico straordinario di bici gialle Clear Channel, gestore del servizio di bike sharing, ha organizzato  presso le otto stazioni più utilizzate – Duomo, San Babila, Palazzo Marino, San Pietro in Gessate, Brera, Cavour, Cairoli e ovviamente Tortona – i presidi fissi. Gli operatori, dotati di furgoni per la raccolta e redistribuzione delle 3.650 bici in servizio, svuotavano in tempo reale le stazioni piene per permettere immediatamente la riconsegna agli utenti che arrivavano con una bici in carico da riagganciare, evitando quanto più possibile i disagi. In totale sono stati utilizzati 28 furgoni di cui 6 dotati di carrello per ciascuno dei tre turni di lavoro giornaliero.
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Gnammo: “Si alla legge sull’home restaurant, ma senza limitazioni alla sharing economy”

 

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“È positivo che l’AGCM rilevi gli stessi limiti che Gnammo aveva evidenziato lo scorso gennaio, in seguito all’approvazione della legge sull’home restaurant alla Camera”. Così Cristiano Rigon, founder di Gnammo, la principale piattaforma di social eating in Italia, commenta il parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato /di cui SocialEconomy ha scritto qualche giorno fa,  che si è espressa sul disegno di legge A.S. n. 2647, sulla “Disciplina dell’attività di home restaurant”. “La nuova normativa contiene alcuni punti che limitano fortemente la sharing economy – prosegue Rigon – così come lo stesso Garante ha sottolineato, riportando l’invito della Commissione Europea a favorire lo sviluppo di un’economia collaborativa, capace di creare nuove opportunità, sia per i consumatori sia per gli operatori. Ciò nonostante, ci sono alcuni punti che ci vedono distanti dalla valutazione dell’AGCM”.  Secondo il fondatore di Gnammo “Va considerato che la sharing economy, e il proprio potenziale, esistono unicamente grazie alla tecnologia: la crescita e la diffusione del fenomeno si poggia sulla viralità e sui nuovi sistemi digitali/elettronici. E’ grazie all’innovazione tecnologica che piattaforme come AirBnb o Blablacar, ma anche Gnammo stesso, hanno potuto svilupparsi ed espandersi, attraverso un passaparola ‘virtuale’ che si è tradotto in risultati concreti e positivi. Per questo – afferma Cristiano Rigon – ritengo che l’utilizzo delle piattaforme digitali per l’esercizio dell’attività di home restaurant non rappresenti tanto un limite, quanto piuttosto un’opportunità di promozione e pubblicità che altrimenti non avrebbe se rimanesse confinata tra le mura domestiche di una casa privata. Al contrario, la piattaforma e quindi internet sono l’unica via che hanno gli home restaurant per ottenere visibilità”. Riguardo all’obbligo imposto dalla legge di pagare la prestazione esclusivamente online “Riteniamo che la trasparenza sia un aspetto fondamentale. La tecnologia facilita la tracciabilità delle transazioni, allontanando i ‘furbi del contante’ e lo spauracchio del ‘è tutto fatto in nero’. È bene ricordare – sottolinea Cristiano Rigon – che l’home restaurant è un’attività destinata al privato cittadino, non all’imprenditoria: non si può pensare che lo stesso sostenga un rischio d’impresa, dove l’impresa non esiste. Riteniamo pertanto corretto che l’utente possa disdire anticipatamente, entro certi limiti temporali, la propria prenotazione, ed allo stesso tempo che il fornitore del servizio sia tutelato, non avendo magazzino, dall’aver fatto acquisti che poi non riuscirebbe a smaltire. Questo anche nell’ottica di ridurre lo spreco di cibo che si genera con il cosiddetto “no show”. Quanto all’osservazione fatta dal Garante rispetto ai limiti sui proventi che la legge va a imporre “Gnammo è assolutamente concorde anche se su basi differenti – afferma Rigon – Occorre precisare che detti limiti risulterebbero incostituzionali laddove si andasse ad inquadrare l’attività come libera impresa, cosa che la legge non va a toccare. Va ricordato che la definizione stessa di home restaurant inquadra l’attività come non professionale, e quindi fuori dai canoni propri di un’impresa, dove fondamentali sono i numeri di crescita ed il rischio che tutto ciò comporta. Per questo sosteniamo con forza che non si debbano avere limiti sul fatturato, per consentire agli operatori di valorizzare prodotti della tradizione e del territorio senza dover stare attenti al “costo del cibo”. Crediamo invece opportuno ragionare sul porre dei confini, anche numerici, così come è stato fatto a suo tempo per le attività di B&B, proprio al fine di ribadire che si sta normando un’attività non professionale, senza che questi siano di freno alla crescita del settore”.
Gnammo si trova, invece, concorde con l’AGCM nel sostenere che l’articolo 5 comma 3 del DDL in oggetto sia da riformulare. “Sarebbe positivo – dichiara Cristiano Rigon – se i B&B potessero ampliare la propria offerta, includendo quella ristorativa. Tuttavia occorre ricordare che già oggi, a prescindere da questa normativa, i regolamenti regionali sul turismo vietano questa possibilità, proprio per garantire equilibrio tra quelli che sono gli adempimenti cui devono sottostare alberghi ed hotel e le poche regole che hanno i B&B, in virtù dei loro limiti tra cui questo. Crediamo sia opportuno andare a precisare meglio il comma, per cui Gnammo aveva già fatto una proposta di emendamento che andava ad escludere, per tali soggetti, la possibilità di effettuare eventi di social eating in via esclusiva per gli ospiti del B&B o Affittacamere. Riteniamo infatti – conclude Rigon – che, in linea con quanto suggerito dalla commissione europea, occorra tutelare la crescita della sharing economy e quindi consentire a chi utilizza ad esempio piattaforme come Airbnb per affitti a breve termine di poter proporre anche eventi di social eating, unendo così l’opportunità di home sharing con quella del food sharing”.

Home sharing: nel Def prevista l’introduzione della ritenuta fiscale del 21%

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Secondo quanto riportato da autorevoli media tra cui MF e La Repubblica nel Documento di Economia e Finanza (DEF) varato ieri sera è contenuta una norma che impatta sull’home sharing. Secondo quanto scritto infatti questo sottoinsieme della sharing economy sarebbe impattato per via dell’introduzione al momento del pagamento di una ritenuta fiscale del 21% che gli intermediari anche digitali applicheranno alla fonte sui redditi da locazione breve.  Questa somma, secondo quanto si capisce verrà versata successivamente dagli intermediari all’erario. Per questo motivo la norma in questione viene è stata denominata in queste ore “tassa Airbnb”.

 

Lyft sostiene la parità di retribuzione tra uomini e donne

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Lyft, uno dei principali competitor di Uber nel ride sharing, in occasione dell’ Equal Pay Day di ieri 4 aprile ha proposto un’iniziativa per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla parità di trattamento economico tra uomini e donne. La giornata del 4 aprile è in USA il giorno nel quale le donne riescono a raggiungere lo stipendio degli uomini con tre mesi di lavoro in più.  In media il divario salariale tra i due generi è stimato negli Stati Uniti nella misura del 20%.  Ieri la società della sharing economy, in collaborazione con LeanIn.Org, ha donato il 20% delle corse realizzate tra le 8 e le 18 alle organizzazioni che sostengono le donne le le famiglie tra cui Dress for Success®, Feeding America, Boys & Girls Clubs of America, e AAUW.  Secondo autorevoli studi economici se il divario di retribuzione tra i generi venisse ridotto sarebbero 2,4 milioni le famiglie statunitensi che uscirebbero dallo stato di povertà.

Sono 750 mila i turisti che hanno scelto l’home sharing a Roma nell’ultimo anno. Oggi l’incontro tra gli host Airbnb della Capitale 

Foto Airbnb Citizen


Oggi, 4 aprile, gli host Airbnb di Roma si sono dati appuntamento per discutere del nuovo regolamento sul turismo proposto dalla Regione Lazio, che andrà a regolare il settore extra alberghiero anche alla luce del fenomeno della sharing economy. Le nuove regole chiariscono la possibilità per gli host di condividere le loro case con viaggiatori da tutto il mondo. L’incontro è aperto a chiunque voglia discutere del tema con gli host presso gli spazi Luiss Enlabs di via Marsala 29h, dalle 18.30. Da un recente sondaggio, condotto da DBR per Airbnb a Roma, è emerso come l’81% dei romani sia favorevole alla possibilità per i propri concittadini di condividere la casa con i viaggiatori che vengono da tutto il mondo a visitare la Capitale e, da lì, tutto il territorio regionale del Lazio, che raccoglie tesori come Civita di Bagnoregio (della cui iniziativa SocialEconomy vi ha parlato in un suo recente post). Fra i dati, è anche emerso che il 56% degli intervistati si oppone a un eccesso di burocrazia nei regolamenti. Secondo l’Economic Impact Study sono stati oltre 750.000 i visitatori che si sono recati, in un anno, a Roma con l’home sharing, spendendo €400 milioni in esercizi commerciali locali. Circa 10.000 host hanno accolto i visitatori nelle loro case, guadagnando in totale oltre €93 milioni. A Roma, il tipico host guadagna annualmente €5.500, condividendo i propri spazi per 50 notti. La regione Lazio ha visto, nel suo complesso, nel 2016, 15.700 persone fare gli host con Airbnb. Gli ospiti della regione sono stati 1 milione e 210 mila. Il ricavo medio per ogni host è stato di 3.430 euro all’anno. Gli host come loro chiedono regole semplici e chiare per l’home sharing nel Lazio. A Roma gli host hanno lanciato, nei mesi scorsi, un gruppo impegnato nel territorio sui temi dell’home sharing e della cittadinanza attiva: l’Home Sharing Club Roma Hanno avviato delle attività per promuovere i negozi di quartiere, per rendere la città più pulita e aiutare altre comunità. Hanno già organizzato diversi incontri per discutere di come sostenere la voce di chi pratica l’home sharing, per aiutare i nuovi host e creare appuntamenti culturali e di scoperta di Roma.

Airbnb sostiene la storia è la cultura italiana: a Civita di Bagnoreggio l’host è il sindaco

Foto Airbnb


Civita è una frazione del comune di Bagnoregio, in provincia di Viterbo, nel Lazio, facente parte dei borghi più belli d’Italia, famosa per essere denominata “La città che muore”. Per questo antico borgo che si erge su una roccia di tufo, Airbnb, uno dei principali player della sharing economy, e il Comune hanno pensato a un modo per supportare questo luogo che rappresenta uno dei luoghi più belli d’Italia. Da qualche giorno, infatti, sulla piattaforma di home sharing  è possibile essere ospiti del sindaco di Civita, Francesco Bigiotti, soggiornando a Casa Greco, un edificio storico comunale parzialmente distrutto a causa di una frana negli anni ’80 e convertito da Airbnb in una originale residenza d’artista. Dalla sinergia illuminata tra il colosso americano, il Comune di Civita di Bagnoreggio, l’artista Francesco Simeti (un palermitano che lavora a New York), la curatrice Federica Sala, i designer Alberto Artesani e Frederik De Wachter dello studio Dwa e varie aziende che hanno messo a disposizione pezzi di valore a prezzi agevolati, Civita di Bagnoregio potrà utilizzare il ricavato degli affitti per finanziare progetti culturali e anche Airbnb donerà la propria commissione all’amministrazione locale. Per soggiornare in questo appartamento, che può ospitare fino a 5 persone, il prezzo è di 330 dollari USA a notte. 

Link  Casa d’Artista Airbnb – Civita di Bagnoreggio 

https://www.airbnb.it/rooms/17899773?adults=1&children=0&infants=0&s=f9KRBJJK

Ancora una volta lo sciopero dei taxi provoca l’impennata dei download della app di Uber


Delle reazioni dei consumatori davanti allo sciopero dei taxi abbiamo scritto più volte in passato e da ultimo il 19 febbraio 2017 con il nostro scoop – ripreso da vari media (tra cui Repubblica che ha pubblicato, qualche giorno dopo il nostro post, la notizia nella propria homepage) – in occasione della serrata delle auto gialle di vari giorni per protestare contro un emendamento al Milleproroghe. Oggi torniamo sull’argomento per analizzare lo sciopero in tutta Italia dei taxi driver di giovedì 23 marzo 2017. Scorrendo i dati dei download delle app tramite Appannie, una delle società specializzate in materia di applicazioni su smartphone, arriva la conferma che lo sciopero dei taxi porta a un innalzamento del numero dei download della app di Uber da iPhone. Come si evince dai grafici (visibili in questo nostro post), infatti, l’app della celebre società usa della sharing economy è salita in modo considerevole nella classifica delle app iOS scaricate nel nostro paese. Alla mezzanotte di giovedì 23 marzo 2017 l’app di Uber era, infatti, alla posizione numero 123 nella classifica generale delle applicazioni più scaricate in Italia e a quella numero 7 nella categoria travel. Dopo 24 ore (quindi con i dati che tengono conto dello sciopero nazionale proclamato dai taxi nella giornata di giovedì 24 marzo) l’app del player del ride sharing è balzata al ventitreesimo posto nella classifica generale e al secondo posto tra le app travel. Il dato obbliga a nostro giudizio ha una riflessione: nei settori impattati dalla sharing economy hanno ancora senso gli scioperi generali? Non gioverebbe di più il dialogo tra operatori dell’economia condivisa e le rappresentanze sindacali degli omologhi ervizi della old economy? Noi di SocialEconomy nel nostro piccolo crediamo che lo sviluppo digitale del Paese non può avvenire dalla rottamazione dei vecchi servizi ma attraverso un tavolo comune in cui siano rappresentati gli interessi delle due categorie. 

Andamento della App di Uber su smartphone iOS nel corso degli ultimi sette giorni – fonte Appannie

Andamento della App di Uber su smartphone iOS nel corso degli ultimi sette giorni – fonte Appannie