Per Talent Garden inizia una nuova era 

Inizia una nuova era per Talent Garden: chiuso l’aumento di capitale da 12 milioni di euro per accrescere la rete di spazi coworking, la condivisione degli uffici dell’era della sharing economy, e puntare su formazione, eventi e innovazione con le aziende. L’apporto di capitale è stato il secondo più rilevante financing round realizzato a livello europeo nel settore. La raccolta tra equity e debito, ha visto – per la prima volta in Italia – la partecipazione di 500 Startups, il più grande incubatore al mondo basato a San Francisco e diretto da Dave McClure, ed Endeavor Catalyst, sponsor Reid Hoffman founder di LinkedIn. Al suo fianco sono intervenuti molti family office italiani, con la regia della Tamburi Investment Partners (TIP) di Giovanni Tamburi, che ha partecipato al round anche direttamente ed è oggi tra i principali azionisti della società. Tra questi le famiglie Angelini e Dompé (farmaceutica), gli armatori D’amico, gli imprenditori del settore metallurgico della Ferrero a cui si aggiungono imprenditori del digitale italiano come Volagratis, MutuiOnLine, Alkemy ed Esprinet.
Talent Garden è oggi il più grande network di coworking d’Europa per numero di sedi: da Brescia, dove è nato cinque anni fa, ‎è arrivato a 17 campus in 5 Paesi europei, con più 1500 professionisti del digitale che lavorano negli spazi, centinaia di manager provenienti da decine di aziende formati da TAG Innovation School e centinaia di studenti che ogni giorno si formano per diventare i professionisti del futuro. In aggiunta si contano oltre 500 eventi ospitati o organizzati ogni anno nei diversi campus sui temi dell’innovazione e del digitale.
Secondo Davide Dattoli, founder e CEO di Talent Garden: “È una soddisfazione immensa, con questa operazione rafforziamo la nostra leadership a livello europeo e soprattutto incrementiamo la forza di un network ormai unico, che partendo dall’Italia si è sviluppato in molti Paesi‎ con l’obiettivo di espandersi in tante altre città. Siamo già il terzo player a livello mondiale per numero di campus e vogliamo realizzare il nostro sogno di connettere i talenti più innovativi e brillanti, non solo europei”.
Talent Garden con questo round si posiziona come primo player in Europa in un settore in crescita in cui velocità e qualità del network sono fondamentali. La scommessa dei più grandi investitori internazionali è quella di riconoscere che il mondo del lavoro è cambiato e che sono necessari nuovi player che offrano servizi innovativi e uno spazio di lavoro in continua evoluzione con una forte componente di community, dove si impara e ci si connette grazie a corsi ed eventi.
Negli Stati Uniti il coworking, la condivisione degli uffici dell’era della sharing economy, continua a essere uno dei settori di maggior interesse e attrae capitali molto importanti: WeWork, società basata a New York, ha raccolto più di 620M$ negli ultimi due anni. Sempre nella Grande Mela General Assembly ha raggiunto 110M$ mentre NeueHouse 25M$. A San Francisco, altra roccaforte del coworking, RocketSpace ha chiuso un round da 336M$ e Galvanize da 45M$.
Nel dettaglio il piano industriale 2017-2018 prevede l’apertura diretta di una decina di nuovi spazi in Europa entro la fine dell’anno per un totale di 70.000 mq e 8.000 talenti connessi al network. Luoghi aperti 24h al giorno in cui tutti i professionisti dell’innovazione, siano essi freelance, startup, PMI digitali o grandi imprese con le proprie aree innovazione, possano trovare uno spazio di lavoro innovativo pensato per stimolare la produttività e aumentare le relazioni professionali. Il piano prevede inoltre l’ampliamento della rete di franchising già presente per fornire un servizio sempre più capillare nei diversi territori. 
La TAG Innovation School, la prima scuola del digitale in Europa per numero di studenti e aziende formati, continuerà a crescere in Italia (a gennaio 2017 aprirà la nuova sede di Roma) e all’estero (nei mercati in cui Talent Garden è già presente). Forti investimenti anche sulla parte B2B, per aiutare le aziende nel processo di digital transformation formando manager ed executives con percorsi formativi personalizzati.
Grazie alla presenza capillare sul territorio, Talent Garden si è affermato anche come il luogo dove gli innovatori si incontrano, dove imprese e startup sviluppano collaborazioni e dove tanti professionisti si aggiornano e fanno networking nel mondo del digitale. In tale ambito l’aumento del numero di spazi e di mercati in cui opera rende Talent Garden un player unico per connettersi con il meglio dell’innovazione europea e globale.
Continua Davide Dattoli: “Siamo partiti 5 anni fa con un piccolo spazio a Brescia, abbiamo creduto nella sfida di crescere in Italia ed Europa, nella diversificazione del nostro business e oggi non siamo più solo un coworking pur essendo in tante città in Europa. Abbiamo una divisione che si occupa esclusivamente di realizzare eventi e attività con clienti corporate e da un anno abbiamo anche TAG Innovation School con una proposta formativa sui temi del digital che coinvolge studenti ma anche tante aziende che vogliono cambiare il loro modo di lavorare. Abbiamo esportato il nostro modello in Europa e, dopo Spagna, Lituania, Romania e Albania, puntiamo ai mercati dove l’innovazione sta nascendo, fuori dai circuiti di Londra e Berlino dove esistono già tanti player molto radicati. Il nostro obiettivo è di arrivare in borsa entro la fine del 2018.”
Sono tante le attività che Talent Garden chiuderà tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017: l’apertura della seconda sede di TAG Innovation School a Roma, il lancio del nuovo spazio di Torino realizzato in collaborazione con Fondazione Agnelli e nuove sedi internazionali che amplieranno il network e il valore per i suoi membri. Questo si affianca ai risultati del 2016 come l’apertura di Talent Garden a Roma prima con Poste Italiane in Viale Mazzini e poi all’interno di Cinecittà, con un campus dedicato alla multimedialità, due realtà che si sono già affermate come centri dell’innovazione nella capitale. L’apertura di Talent Garden Bucarest che rafforza la presenza nell’est Europa e Supernova, il festival dell’innovazione targato Talent Garden che quest’anno ha superato i 100.000 visitatori tra Brescia e Torino.
La società si appresta a chiudere il 2016 con circa 5M di euro di fatturato consolidato e un tasso di crescita del 300% rispetto all’anno precedente. Per il prossimo triennio si prevede un raddoppio anno su anno del fatturato, una crescita dell’organico, del numero di spazi di coworking e dei clienti raggiunti.

In Cina la sharing economy non vuole essere disruptive ma collaborativa


Una caratteristica comune a tutti i business della sharing economy è il loro essere disruptive (in italiano rivoluzionario) nei confronti degli equivalenti servizi offerti dalle società che tipicamente fanno parte della old economy. Così si è creata una contrapposizione tra taxi e car sharing o ride sharing (Uber) e tra hotel e Airbnb. Per evitare il dualismo tra forme di economia legate alla tecnologia e quelle tradizionali la Cina ha scelto una via che merita di essere approfondita e magari anche copiata nel mondo occidentale perché capace, con il dialogo, di coniugare sharing economy e servizi offerti dalle aziende più tradizionali. Pur credendo che la motivazione alla base è legata al fatto che molte sono le aziende tradizionali che vedono il coinvolgimento di capitali pubblici cinesi e che quindi si vuole evitare un effetto di cannibalizzazione industriale, crediamo che la via del dialogo tra economia della condivisione e economia reale possa fare realmente bene non solo alle aziende coinvolte ma soprattutto all’intera collettività. La conferma che la Cina guarda con molto interesse alla sharing economy arriva dal fatto che il tessuto economico cinese negli ultimi anni ha iniziato una trasformazione: da un’economia manifatturiera a una basata sui servizi. In tale quadro il China’s National Information Center ha stimato che la sharing economy peserà nel 2020 il 10% dell’intero PIL del Paese. Tutto ciò ha portato, con largo spirito di lungimiranza da parte del governo cinese, anche alla nascita della Commission on the Sharing Economy in China (CSEC). In questa istituzione, in cui siedono big corporation tra cui Lenovo, Linkedin, Airbnb, Tencent e molte altre, l’obiettivo è la collaborazione tra aziende nuove, old e Governo per ottenere vantaggi reciproci a beneficio di tutti gli attori tra cui anche i consumatori. Un esempio di come la sharing economy cinese non voglia in alcun modo cancellare i business tradizionali è rappresentato da Didi che cerca di includere nel suo servizio tecnologico di ride sharing i tassisti consapevole dal fatto che il dialogo fa bene al business. Il caso di Didi è emblematico anche perché la società, come SocialEconomy vi ha raccontato, ha comprato nel corso del 2016 le attività cinesi di Uber. Un altro esempio concreto della collaborazione concreta tra governo e sharing economy è rappresentato dalla società di ride sharing cinese Weigongjiao, una società con base a Hangzhou, fondata delle autorità locali cinesi attente a cercare di combattere l’inquinamento. Insomma la Cina insegna che il dialogo tra le aziende, new o old che siano, i consumatori e i governi rappresenta un valore inestimabile per lo sviluppo della sharing economy. Noi di SocialEconomy ci auguriamo che questo esempio fatto di collaborazione, dialogo e apertura, cinese possa essere seguito dal mondo occidentale consapevoli del fatto che una maggiore attenzione da parte dei governi del mondo aiuterebbe lo sviluppo visto che ogni stato deve fare di tutto per incentivare la libera impresa e cercare di attrarre gli investimenti esteri sul proprio territorio. Purtroppo a oggi in Europa e negli USA le cose nel mondo delle startup, e quindi anche della sharing economy, stanno diversamente, basti citare la mancanza di armonizzazione fiscale che tanto spaventa coloro che vogliono fare impresa e che in più sedi rivendicano norme certe e magari anche uguale all’interno dell’area Euro. Il fatto che la Cina abbia tracciato la strada la troviamo una cosa naturale da paese leader in campo economico qual è e da stato attento alle tradizioni visto che come abbiamo avuto modo di scrivere nel nostro primo post riteniamo che la sharing economy rappresenta una sorta di rivincita di Karl Marx e del comunismo sul capitalismo tradizionale. 

PostPickr, al via su Eppela il crowdfunding del social media tool Made in Italy

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E’ partita da qualche giorno su Eppela la campagna crowdfunding, il finanziamento collettivo dell’era della sharing economy, di PostPickr, startup pugliese che ha creato il primo social media tool in lingua italiana che aiuta i social media manager a gestire in modo ottimale la comunicazione sui vari social network. PostPickr, nato nel 2013, già oggi è considerato l’alternativa italiana ai big internazionali del settore (come Hootsuite e Buffer), grazie alla sua semplicità d’uso e all’approccio intuitivo. PostPickr è un’applicazione web che permette a chi si occupa di comunicazione digitale di gestire più social network contemporaneamente, attraverso progetti distinti per campagna e brand. Con la piattaforma di social media management è possibile programmare un palinsesto di pubblicazioni – anche a lungo termine – organizzato per rubriche ed argomenti; coinvolgere i collaboratori per gestire in team i progetti; monitorare le conversazioni che si sviluppano intorno ai contenuti; misurare i risultati raggiunti; interagire con la community distribuendo le attività tra i membri del team. Il tutto con un solo programma facile da utilizzare e che ottimizza tempo e risorse. Dopo due anni di beta pubblica e privata PostPickr ha superato i 3.000 utenti iscritti e connta oltre 9.000 canali social gestiti tra profili Facebook, Twitter, Linkedin e Pinterest, più di 1.5 milioni di post pubblicati attraverso la piattaforma e, soprattutto, un altissimo tasso di feedback e recensioni positive da parte di utenti e addetti ai lavori. Per realizzare PostPickr i tre cofondatori – Antonello Fratepietro software developer, Maurizio Lotito product designer e social media manager, e Maria Miracapillo project financial – hanno fatto ricorso all’autofinanziamento e ora con il crowdfunding il team auspica di raccogliere 10.000 euro per potersi dedicare full time al completamento della nuova versione. Quando mancano 25 Giorni al termine del crowdfunding  i i fondatori hanno già raccolto quasi 6 Mila Euro. Chi deciderà di unirsi alla campagna di raccolta fondi #IoSupportoPostPickr riceverà un abbonamento gratuito al servizio di valore crescente in base al contributo dato.

Peeple: ci saranno esclusivamente commenti positivi

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Dopo la prima onda mediatica scatenata dall’articolo del Washigton Post, Julia Cordray, confondatrice di Peeple, ha comunicato tramite Linkedin che la controversa app- definita (erroneamente secondo quanto scrive la Cordray nel suo post) lo Yelp degli esseri umani – sarà aperta esclusivamente ai commenti positivi. Prima della nota su Linkedin, sul sito della società ne era stata pubblicata un’altra (poi rimossa ma ancora
visibile su qualche sito di news) a firma del CEO in cui si rivendicava il coraggio di chi innova: “Gli innovatori sono spesso messi giù perché la gente ha paura e non capisce”. Inoltre, la Cordray nella nota su Linkedin precisa anche che i commenti sulle persone saranno resi noti in rete solo dopo l’approvazione dei censiti. Con questa precisazione si chiude (forse) il caso mediatico che ha caratterizzato il mondo tech del week end scorso. Adesso rimane la positività di Peeple e una domanda: una app in cui si condividono solo giudizi positivi sulle persone che si conoscono riscuoterà l’interesse del popolo della rete?

Ecco le 16 società che per Credit Suisse potrebbero beneficiare del boom della sharing economy

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La sharing economy sta certamente influenzando e modificando le abitudini dei consumatori di larga parte del mondo e conseguenzialmente sta attranedo l’interesse di parecchi investitori. In un report del 18 settembre, Credit Suisse ha analizzato, con il lavoro degli analisti Eugene Klerk, Richard Kerseley e Marcello Prato, questo fenomeno fornendo una panoramica dei settori che a loro avviso sono suscettibili di essere colpiti dall’ulteriore espansione dell’economia della condivisione. Gli analisti hanno preso in esame i settori, sotto-settori e le imprese che sono altamente esposte al concetto di condivisione e quelle che possono avere un’esposizione parziale al fenomeno. I settori individuati inizialmente dalla ricerca di Credit Suisse sono quelli del Transport, Travel & Leisure, Business service, Financial e quelli non classificati ma con aderenze al tema della condivisione. Successivamente sono stati individuati i sotto-settori più promettenti: Auto, Insurance, Bicycle, Hotel, Logistic, Recruitment, Office sharing, P2P lending, Pre-owned good e Social media. Infine, per ogni subsector sono state individuate le società quotate in borsa che potrebbero beneficiare del trend positivo della sharing economy.

Ecco l’elenco delle sedici aziende su cui Credit Suisse si aspetta di vedere un effetto positivo dall’aumento del business condiviso: Auto: Avis Budget, Axa e Hertz; Bycicle: JC Decaux e Shimano; Hotel: HomeAway e TripAdvisor; Logistic: Amazon.com; Recruitment: Linkedin; Office sharing: Regus; P2P Lending: LendingClub e Visa; Pre owned good: EBay e MercadoLibre; Social media: Facebook e Yelp.

Nel report vengono spiegate anche le motivazioni che hanno spinto gli analisti della banca svizzera a includere queste società tra quelle che potrebbero risentire positivamente dell’effetto sharing economy. Avis Budget e Hertz potrebbero beneficiare del maggiore utilizzo del car sharing, mentre, Axa potrebbe subire un positivo effetto del fatto che società come Uber potrebbero volere una polizza globale per i propri veicoli. L’espansione del bike sharing potrebbe, invece, portare benefici a JC Decaux in quanto “uno dei più grandi operatori a livello mondiale” e Shimano che da produttore di componenti per bici potrebbe ricevere un beneficio indiretto. Per quanto riguarda il settore Hotel ricadute positive potrebbero esserci su HomeAway e su TripAdvisor che secondo gli analisti potrebbe “ampliare la propria offerta alla condivisione di alloggi”. Per il settore della logistica Amazon.com potrebbe avre un‘espansione nei delivery service e nella  proposta di beni di seconda mano. Per quanto attiene i servizi a supporto del business Linkedin potrebbe avere benefici dal P2P staffing mentre Regus ne potrebbe avere per via della domanda di spazi di lavoro in condivisione. Per il settore finanziario le attenzioni positive si concentrano su LendingClub e Visa come sistemi alternativi ai tradizionali per ottenere finanza. Su EBay e MercadoLibre si scrive che entrambe le aziende potrebbero beneficiare della crescita della condivisione (e vendita) di merci di seconda mano. Infine, Facebook e Yelp possono trarre beneficio dal fatto che le società della sharing economy utilizzano i social media per sviluppare e espandere la propria offerta.