Sharing economy, a Milano nasce la casa delle bici elettriche

 

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L’immobile del Comune di Milano di via Messina 50-52 diventerà il centro di ricarica per le bici elettriche di BikeMi. La Giunta comunale ha approvato nei giorni scorsi le linee guida per l’affidamento in locazione a Clear Channel, il gestore del sistema di bike sharing, dell’edificio in parte attualmente utilizzato per il deposito dei veicoli rimossi dalla Polizia Locale e in parte inutilizzato. Le operazioni di ricarica delle e-bike, che oggi vengono effettuate presso i magazzini di Clear Channel fuori Milano, verranno quindi trasferite in città, riducendo i tempi di recupero delle bici scariche dalle stazioni e di sostituzione delle batterie. Tempi ridotti per la ricarica significa tempi più rapidi per il “ricircolo”dei mezzi tra gli utenti. L’energia di ricarica verrà fornita dai pannelli fotovoltaici che verranno posati da Clear Channel sul tetto del palazzo.  Il contratto, della durata di 15 anni, prevede un canone annuo iniziale di 21.000 euro e l’impegno di Clear Channel, che condividerà gli spazi con la Polizia Locale e con il deposito dei veicoli rimossi, ad attuare a proprie spese un progetto di ristrutturazione dell’immobile, oltre alla manutenzione straordinaria e l’adeguamento igienico e tecnologico. In particolare la società dovrà rifare il tetto e dotarlo di pannelli fotovoltaici, realizzare uno spogliatoio per la Polizia Locale, una recinzione di separazione fra lo spazio Bikemi e lo spazio deposito veicoli rimossi, prevedere l’apertura di un nuovo cancello con passo carraio su via Calvino per evitare di entrare in conflitto con le altre attività svolte nello stabile.

“Il futuro delle grandi città è necessariamente a impatto zero – ha detto l’assessore alla Mobilità e Ambiente Pierfrancesco Maran -. La diffusione dei mezzi ecologici è uno dei campi in cui in Italia possiamo e dobbiamo fare ancora molto. A Milano i cittadini hanno sviluppato una forte sensibilità alle tematiche ambientali, lo dimostrano anche il successo delle bici e delle auto elettriche in condivisione. Per questo penso che la nostra città possa essere, ancora una volta, il luogo in cui le cose accadono prima che altrove. Anche questa volta possiamo diventare laboratorio di una mobilità a zero emissioni”.

Oltre alle 1.000 biciclette elettriche di BikeMi, utilizzate in media 55mila volte al mese, Milano può contare sulle 250 auto elettriche in sharing (saranno 1.000 entro il 2016) di Share’ngo, che ha recentemente preso in affidamento anche le 27 isole digitali e dei relativi 130 punti di ricarica e conta ad oggi oltre 7.000 utenti. Inoltre, Milano partecipa insieme ad altre 7 città europee (Londra, Madrid, Lisbona, Amsterdam, Rotterdam, Oslo e Stoccolma) al progetto europeo Fr-EVue (Freight Electric Vehicles in Urban Europe), che promuove l’uso di veicoli elettrici per la consegna delle merci nei grandi centri urbani. All’interno di questo progetto si sta sperimentando un servizio di consegna di prodotti farmaceutici destinati alle farmacie ed ospedali presenti in Area C con veicolo elettrico.

Il Bike sharing è di tutti: la polizia recupera una bici BikeMi parcheggiata nel balcone di un’abitazione

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Bikemi – Facebook

La sharing economy si basa sula collaborazione. La storia – di per se curiosa – che ha per oggetto una bici di BikeMi è molto esemplificativa di come la cooperazione e il senso civico possano contribuire a un corretto funzionamento, e quindi sviluppo, dell’economia della condivisione. Lunedì scorso un cittadino ha segnalato all’operatore milanese di bike sharing la presenza, da diverso tempo, di una bici BikeMi nel balcone di un’abitazione privata a Milano. Dopo le opportune verifiche da parte degli ispiettori di BikeMi sul luogo è intervenuta la Polizia Locale dell’Unità di Polizia Giudiziaria che ha proceduto a recuperare il mezzo a a denunciare colui che si era impossessato della bici, che in quanto in sharing, appartiene alla collettività.

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da Bikemi.it – foto della bicicletta BikeMi che sostava nel balcone privato

Sator investe nel fintech e annuncia l’avvio di Tinaba

    

Sator, società di investimento presieduta da Matteo Arpe, ha annunciato  il lancio, dopo quasi due anni di progettazione, di Tinaba, un ecosistema digitale pensato con l’obiettivo di mettere in connessione le relazioni umane con le esigenze economiche e le abitudini – di consumo e di risparmio – delle famiglie e dei giovani. La tecnologia di Tinaba è stata ideata per operare in connessione con un istituto bancario tradizionale, coniugando innovazione e cultura del risparmio. Tinaba verrà avviata in Italia nel corso dei prossimi mesi e successivamente anche in Europa e in altri paesi. In ogni nazione verrà stipulata un’alleanza in esclusiva con un singolo istituto di credito. Tinaba è una società italiana, più specificamente una start-up innovativa ai sensi della Legge 221/2012, posseduta attualmente al 100% da Sator Private Equity Fund, il fondo promosso da Sator S.p.A. che co-investirà nella società direttamente. E’ inoltre prevista l’apertura del capitale agli istituti di credito con i quali saranno siglati accordi di collaborazione nei diversi paesi.Tinaba, acronimo di This Is Not A BAnk, abilita in congiunzione con un istituto di credito moltissimi servizi innovativi, tra cui:

– un sistema di trasferimento del denaro, inclusi i pagamenti ed i micropagamenti, completamente gratuito e con funzioni innovative quali: cassa comune on-line e off-line, you&me, paga alla romana, funzionalità P2P semplici ed evolute;

– una logica social – in primis la famiglia, ma anche lo sport, la scuola e molte altre cerchie – che rende Tinaba destinata ad utenti di tutte le età, inclusi i teenager, che potranno utilizzarla in luogo del contante;

– un parallelo sistema per i merchant, inclusi i piccoli e piccolissimi esercizi commerciali, completamente gratuito e in grado di favorirne lo sviluppo dell’attività, abilitando le più moderne funzioni di relazione con la clientela;

– un sistema georeferenziato per il crowdfunding – il finanziamento collettivo dell’era della sharing economy – adattabile ad ogni tipo di utilizzo incluso quello ai fini di solidarietà;

– servizi dedicati al rapporto genitori-figli – come paghetta, conti condivisi, risparmio per obiettivi, help me e altri – alle scuole e ad altre comunità;

– un front-end innovativo per un accesso semplice ai servizi bancari di investimento e di finanziamento degli istituti di credito partner secondo le più moderne formule e modalità;

– una piattaforma per il social lending ed il microcredito.

Dal prossimo 8 dicembre Tinaba inizierà una fase di test ristretto della nuova applicazione, mentre da metà gennaio 2016 sarà disponibile il download su invito. Tinaba prevede il completamento delle fasi di test entro il primo trimestre 2016.

Mytaxi, l’app che ha rivoluzionato il settore dei taxi sconta le corse del 50%

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Nel giorno in cui si celebra il settantaduesimo compleanno di Martin Scorsese, il  regista cinematografico autore tra gli altri del celebre Taxi Driver, SocialEcoonomy torna a occuparsi di mobilità urbana. Che la concorrenza faccia bene ai consumatori e quindi al mercato non ci sono dubbi. Su tale posizione nei mesi scorsi SocialEconomy aveva intervistato Marco Pierani, responsabile delle relazioni Istituzionali di Altroconsumo, che aveva spiegato che la sharing economy è un’opportunità che va colta. La conferma che l’innovazione può contribuire a migliorare anche i business della old economy arriva da Mytaxy, società fondata nel giugno del 2009 da Niclaus Mewes (CEO) e Sven Külper (CMO) e oggi posseduta dal Gruppo Daimler, che hanno rivoluzionato il settore dei taxi, rinnovandolo a livello internazionale e adattandolo alle esigenze del 21° secolo. L’idea alla base della rivoluzione Mytaxi è quella di creare un collegamento diretto tra il tassista e il passeggero, per offrire a entrambi un sistema di gestione delle prenotazioni al passo coi tempi e quindi in grado di ben competere con i servizi della mobilità condivisa tipici della sharing economy.  I vantaggi  per  gli  utenti sono  numerosi  dal  momento che si può richiedere il taxi  tramite  l’app (disponibili per dispositivi Apple e Android), controllarne  la  posizione  e  l’avvicinamento  sul  proprio  smartphone, con  un orario  stimato  di  arrivo e una previsione di  costo e la possibilità di pagare la corsa direttamente tramite l’applicazione. Il successo che Mytaxi sta riscouotendo in giro per il mondo è enorme: l’app è stata scaricata finora più di 10 milioni di volte e il servizio è disponibile in oltre 40 città con più di 45.000 taxi attivi. La società, come già fatto in fase di lancio a Milano avvenuto lo scorso aprile, ha deciso di riproporre fino al 26 novembre 2015 il 50% di sconto su ogni corsa pagata attraverso la propria app.

La grande distribuzione specializzata nel fai da te studia l’evoluzione della sharing economy

  

Kingfisher, una delle principali catene a livello mondiale della grande distribuzione specializzata nel fai da te, guarda alla sharing economy come una naturale evoluzione del proprio modello di business. A riportare la news è stato Edie.net. In una conversazione con il portale UK specializzato sui temi della sostenibilità ambientale, Richard Gillis, direttore sostenibilità di Kingfisher, proprietaria delle catene retail B&Q, Screwfix, Castorama e Brico Depot, ha spiegato che c’è molta attenzione da parte loro sul tema dello sharing sia per quello che riguarda i grandi strumenti da lavoro che vengono utilizzati solo in poche occasioni, ma soprattutto per quello che riguarda la condivisione delle competenze. Kingfisher nella pubblicazione “Net Positive” pubblicata nello corso giugno aveva già manifestato, anche per voce del Chief Executive Officer Véronique Laury, un grande interesse al tema generale della sharing economy indicata come un qualcosa che sta modificando profondamente lo scenario del retail. In particolare, nel rapporto veniva citato il caso di Castorama, una delle insegne retail più amate dagli specialisti del bricolage, ha creato la web community Les Troc’heures dove le persone possono collaborare tra loro scambiandosi informazioni sui propri lavori fai da te e installazioni di ogni tipo.

Con Lyft e Justin Bibier la sharing economy abbraccia la musica 

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Il mondo della musica e quello della sharing economy possono collaborare? La risposta a questo interrogativo arriva dagli USA ed è assolutamente affermativa. Lyft, la celebre azienda di ride sharing che offre, quindi, servizi simili a quelli offerti da UBER, e la star canadese Justin Bieber in occasione del lancio del nuovo album Purpose hanno lanciato una inziativa congiunta di marketing. Dal 12 al 19 novembre tutti coloro che scegliarnno una automobile  Lyft per muoversi in una delle città USA coperte dal servizio potranno acquistare il nuovo album dell’idolo dei teenager di tutto il mondo a soli US$ 5. Per farlo basterà scegliere la modalità Bibier all’interno dell’app Lyft e completare almeno una corsa dela valore di US$ 5. Al termine del loro ride gli utenti riceveranno un link per il download dell’album e un credito sempre di 5 US dollari per un’ulteriore corsa. Per festeggiare l’uscita del disco e questo esclusivo nuovo metodo per ottenere musica, Justin Bibier ha sorpreso alcuni passeggeri unendosi alla loro corsa Lyft (video). Gli utenti Lyft più fortunati, durante la settimana in cui si sviluppa questa iniziativa potranno, viaggiare insieme a Justin Bieber impegnato in diverse città USA nelle attività promozionali del suo nuovo disco.

Maggiori informazioni sull’iniziativa è possibile reperirle sul blog di Lyft

http://blog.lyft.com/posts/lyft-bieber-mode

Airbnb: accordo con Bridgestreet per sedurre i viaggiatori business


La sfida tra catene alberghiere e società di home sharing dai consumatori retail si sta spostando sempre più sull’utenza business. Fuori dall’Europa, e non solo negli Stati Uniti, sono molteplici i segnali che arrivano in tal senso. Un esempio è la comunicazione di Marriott di qualche giorno fa con cui ha annunciato l’apertura di 108 appartamenti (Marriott Executive Apartments Property) a Addis Abeba in Etiopia. Ulteriore conferma arriva anche da un accordo siglato recentemente tra Airbnb, uno dei leader della sharing econony e BridgeStreet, operatore di hospitality che ha in portafoglio circa 50 mila appartamenti di lusso (e quindi particolarmente indicati per clientela in viaggio d’affari) in oltre 60 paesi al mondo. Grazie all’intesa, gli alloggi di BrudgeStreet saranno inseriti all’interno del marketplace di Airbnb nella sezione dedicata alle aziende che si chiama Airbnbbusiness.

Sharing economy: la mobilità condivisa a Milano (infografica)

SocialEconomy, in occasione della Collaborative Week (che oggi 13 novembre e domani ospiterà Milano Sharing City) che si sta svolgendo a Base Milano, un’area Ex-Ansaldo di oltre 6000 metri quadri sita in via Tortona, ha realizzato una infografica per raccontare lo sviluppo che sta avendo la sharing economy nel capoluogo lombardo. In particolare nell’infografica, che si basa su dati resi noti dal Comune di Milano, si prende in esame il fenomeno della mobilità condivisa.

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7 dollari per condividere un PC e abbattere il digital divide, con Keepod

Ridurre il digital divide a supporto di tutti coloro non hanno un PC a disposizione. Questo è l’ambizioso obiettivo di Keepod, società di diritto inglese creata dall’italiano Francesco Imbesi e dall’israeliano Nissan Bahar. Keepod è una chiavetta USB che racchiude al proprio interno l’omonimo sistema operativo, basato su open source Android, in vendita a 7 dollari. La chiavetta, dal semplicissimo utilizzo, permette di restituire a nuova vita i vecchi PC, con la possibilità di utilizzare tutte le app Android già in dotazione. I computer, una volta rivitalizzati, sono destinati a quella parte di popolazione mondiale che non possiede un computer e non ha la possibilità di acquistarlo.

Keepod

Quello di Keepod è un ottimo esempio di sharing economy: condividendo infatti i vecchi terminali, piuttosto che buttarli – nel mondo ne vengono buttati ogni giorno circa 200 mila di cui 85 mila solo negli USA – e dotandoli di questa chiavetta, è possibile rimetterli in circolo a vantaggio della collettività. SocialEconomy ha incontrato Francesco Imbesi, cofondatore della società: “L’idea dalla quale siamo partiti era quella di separare il software dall’hardware perché questo consente evidenti vantaggi, non solo economici. Siamo partiti all’inizio del 2011 come una qualunque normale startup, focalizzandoci sul business proponendo il nostro progetto a grandi e medie aziende. Dopo questa prima fase ci siamo fermati un attimo, abbiamo analizzato l’evoluzione del quadro macroeconomico e deciso di focalizzare il core business della società sull’impatto sociale. Nel 2013 Keepod ha di fatto scelto di non fare business <<tradizionale>>, ma di focalizzarsi sul social enterprise”. Molto social e sharing anche il metodo di vendita: chiunque voglia una Keepod può averla soltanto acquistandone almeno 2, 1 per sé e una da destinare in beneficenza. In questo modo, con 14 dollari, si regala la possibilità di utilizzo di un PC a chi non può permetterselo. “Grazie alla collaborazione con alcune aziende i vecchi PC al posto di essere buttati via vengono destinati a noi che poi li rimettiamo in circolo – dichiara Imbesi – Al momento abbiamo venduto qualche migliaio di chiavette, c’è una forte richiesta da tutto il mondo”. Di recente, inoltre – continua il fondatore – abbiamo lanciato i Keepod point. Chiunque abbia un esercizio commerciale può diventare rivenditore Keepod, richiediamo solamente di acquistare almeno un pacchetto di 25 chiavette, ma soprattutto di destinare 2 PC alla libera fruizione. In questo modo combattiamo il digital divide”. Molto chiara infine la posizione di Imbesi sul tema della fuga dei cervelli dal nostro Paese: “Internet è il mondo, noi abbiamo scelto come sede il Regno Unito, non perché volevamo fuggire dall’Italia, ma solo perché la Gran Bretagna è centrale tra l’Europa e gli Usa. Internet – come nei secoli passati è avvenuto con la ferrovia o la telefonia – ha già cambiato le nostre abitudini e oggi è sempre più il motore del cambiamento. Allo stesso modo le aziende devono cambiare il proprio paradigma andando oltre il concetto della fisicità della sede”.

Keepod in un video

http://www.keepod.org

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Francesco Imbesi (Sx) e Nissan Bahar (Dx)

Francesco Imbesi (Sx) e Nissan Bahar (Dx)

Sharing Economy: la rivincita di Karl Marx

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Karl Marx nel suo “Manifesto del Partito Comunista” aveva teorizzato il potere del proletariato in contrapposizione a quello della borghesia. Oggi, complice la crisi del capitalismo su scala planetaria, sta nascendo un’economia nuova basata sulla condivisione e sulla socialità. E poiché la ricchezza del mondo è concentrata in poche mani – l’1% di Occupy Wall Street – si può ritenere che la socialità odierna si rispecchi in qualche modo nel concetto di proletariato di cui parlava Marx.   Negli ultimi anni stanno nascendo aziende che basano il proprio modello di business sulllo sharing (il condividere) che a sua volta trova fondamento nella socialità della nostra vita.  In principio questa economia ha riguardato l’abbigliamento di seconda mano, le biciclette, poi le auto; successivamente si è spostato sulla casa. In questo modo, dai beni di consumo la social economy si è così spostata sul patrimonio, che viene però ceduto – e Marx avrebbe disapprovato – dietro remunerazione dello stesso.  E si è andati anche oltre con il microcredito tra privati. Ora, il prossimo passo – su cui già si è accesa l’attenzione dei media – è il trasferimento di piccolissime somme di denaro tra gli utenti del web, agevolato dalle nuove tecnologie e dalla diffusione sempre più capillare delle connessionI da mobile.  In questo modo la proprietà, che secondo Marx doveva essere condivisa, sta cambiando forma. Da un concetto statico e assolutamente privatistico si sta passando a una sorta di proprietà cloud, dematerializzata, dove il reale proprietario – anche per brevi periodi o parzialmente – cede il suo bene o una piccola parte del suo patrimonio dietro compenso o per gesto di liberalità (come accade talvolta con il microcredito). La condivisione, infine, diventa “social” diffondendosi e amplificandosi attraverso i social network.