Come raccontato da autorevoli media, tra cui il Corriere della Sera che ha recentemente ospitato un’intervista al suo CEO e fondatore Brian Chesky, sono molti nel mondo i paesi e comuni che stanno contestando la formula di Airbnb. Adesso, come raccontato dal The Gurdian, arriva una sorta di controffensiva organizzata dagli stessi host di Airbnb londinesi. Come naturale che sia nell’era della sharing economy, il desiderio di reagire a normative che a volte sono frutto di regole vecchie riadattate al caso dei servizi dell’economia condivisa arriva dal basso. È così che sono nati nella capitale UK gli home sharing club che altro non sono che delle libere forme associateve che riuniscono i proprietari delle abitazioni che vengono offerte come alloggi alla community sempre crescente di quei viaggiatori che scelgono Airbnb per le proprie vacanze o viaggi di lavoro. Come raccontato dal The Guardian, il colosso californiano ha inviato a Londra dei propri dipendenti per coordinare questi home sharing club. Su YouTube sono anche apparsi degli spot pubblicitari facenti parte della #LondonIsOpen campaign lanciata da Airbnb in cui gli host raccontano la propria positiva esperienza derivante dal condividere la propria abitazione. Come insegna il successo ottenuto dalla sharing economy sono la spinta dal basso e la partecipazione di massa a questa forma di economia la vera forza. La dimostrazione sono le varie Uber, i car sharing, i bike sharing e ovviamente la stessa Airbnb. Proprio per questo motivo noi di SocialEconomy, come tra l’altro notato qualche giorno fa da Beppe Severgnini sulle colonne del Corriere della Sera, riteniamo che la sharing economy non possa essere frenata o cancellata ma ben regolamentata. Diversamente le persone inventeranno nuove forme di condivisione. L’unica via è il dialogo per costruire tutti insieme – legislatori, Governi, Istituzioni locali, utenti, associazioni di categoria, consumatori e aziende – una forma di regolamentazione, anche fiscale, per gestire queste nuove forme di economia che magari sia anche in uniforme tra i vari stati visto che la sharing economy è un fenomeno culturale mondiale. Se così non sarà a perdere non saranno soltanto le aziende ma tutto l’indotto che i big della sharing economy stanno contribuendo a far nascere e sviluppare e quindi l’economia reale. A supporto di quanto scriviamo ricordiamo che lo studio Fattore Sharing ha stimanto in 3,4 miliardi di Euro l’impatto per l’economia italiana generato da Airbnb. E come scritto dal Corriere della Sera è sbagliato ritenere che i viaggiatori che scelgono Airbnb sottraggono business agli alberghi tradizionali.
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Uber vince la sua battaglia a Londra
Come SocialEconomy vi ha raccontato piu volte, a Londra, per volere dell’autorità che regola i trasporti urbani nella capitale UK, il servizio di Uber ha corso il rischio di subire un grosso ridimensionamento.
Alcuni mesi fa, infatti la TFL Transport for London – aveva avviato una consultazione per introdurre alcune modifiche ai servizi di ride sharing. Gli elementi normativi di maggiore rilevanza erano essenzialmente tre: attesa obbligatoria di cinque minuti prima dell’avvio della corsa anche in caso di disponibilità immediata dell’auto; divieto di visualizzare nell’app l’auto più vicina; obbligo per i driver di lavorare per un solo operatore.
Con una mail inviata ai propri clienti il colosso della sharing economy ha annunciato che la TFL ha fatto retromarcia e che tutte queste tre restrizioni non verranno introdotte. Per la società californiana , che su questo tema aveva riunito fin dalle prime ore il proprio popolo di fan invitandolo a sottoscrivere una petizione online, si tratta di una grande vittoria. Il big player dell’economia della condivisione aveva anche avviato su i social media alcune campagne che alla luce dei fatti hanno sortito il massimo effetto. Tra tutte ricordiamo il video diffuso tramite YouTube nel quale si mostravano gli effetti dell’attesa obbligatoria di 5 minuti prima dell’avvio della corsa.
Con la decisione assunta dalla TFL, il servizio di Uber non subirà quindi nessuna sostanziale revisione e rimarrà quello che fino a oggi tutti noi abbiamo conosciuti e apprezzati. La sharing economy Uk, e tra questi gli utenti e i lavoratori interessati – driver compresi – può quindi continuare a viaggiare verso i propri obiettivi di crescita.
Wimdu plaude alla legge della Regione Lombardia sull’home sharing
Sulla scia di Londra e Amsterdam, come vi abbiamo raccontato nelle scorse settimane, anche la Lombardia ha legiferato in materia di sharing economy con una legge regionale riguardante l’home sharing. In questo modo, Milano si allinea alle maggiori capitali europee e si dota di un quadro normativo che regolamenta il tema delle strutture ricettive non alberghiere gestite da privati. Dopo il commento positivo di AirBnb per bocca del Country Manager Italia Matteo Stifanelli, oggi è arrivato il plauso all’iniziativa da parte di Wimdu. La piattaforma europea per la ricerca di appartamenti privati in città con oltre trecentomila soluzioni abitative in oltre centocinquanta paesi in tutto il mondo attraverso il PR Manager Giovanni Quaglia ha dichiarato: ” Siamo davvero felici che anche il mondo politico italiano stia prendendo una posizione in tema di home sharing e che venga così riconosciuto l’impatto positivo che questo fenomeno ha avuto e sta avendo sempre di più sui flussi turistici a Milano e nell’intera Lombardia anche e soprattutto durante EXPO”. Wimdu, che conta oltre 1,2 milioni di utenti registrati, ha manifestato, inoltre, la propria disponibilità a collaborare con le “Autorità per contribuire a migliorare il quadro legislativo di riferimento”. Contestualmente la società di home sharing con sede a Berlino ha reso noto che nel periodo gennaio 2015/15 di settembre 2015 le prenotazioni online per soggiorni a Milano hanno registrato una crescita percentuale media del 206% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Un altro un dato che testimonia il fascino crescente di Milano emerge dal confronto 2014-2015 delle destinazioni più richieste su Wimdu.it: nel 2014 il capoluogo lombardo occupava il 4° posto, dopo Roma, Firenze e Venezia, nel 2015, invece, la Città Eterna riconferma il suo indiscusso primato ma a Milano va l’onore di aver raggiunto il secondo posto. Il maggior numero di prenotazioni sono arrivate dall’Italia, seguita a ruota da Germania, Francia, Spagna e Olanda.
Uber chiede il sostegno del proprio popolo contro le nuove regole della Transport for London
Uber, tramite una mail mandata ai propri clienti, ha annunciato che Transport for London (TfL), l’autorità dei trasporti della capitale UK, pubblicherà a stretto giro alcune proposte di nuove norme per regolamentare il ride sharing.
Secondo la stessa società, se queste regole dovessero essere approvate, la fine della Uber che conosciamo. Secondo quanto scritto via mail dalla società californiana, il provvedimento fissa a cinque minuti l’attesa minima per un’auto, anche qualora fosse immediatamente disponibile. Inoltre il provvedimento proposto non consentirebbe più di visualizzare, tramite app, la macchina più vicina.
TfL, sempre secondo Uber, vuole anche limitare il carpooling, compresi i nuovi servizi come uberPOOL, e costringerebbe i driver a guidare per un solo operatore. Contro queste nuove regola Uber ha chiamato a raccolta il proprio “popolo” invitandolo a firmare una petizione online. In pochi minuti a rispondere all’appello sono stati già circa 18 mila utenti.
La Regione Lombardia apre alla sharing economy
Airbnb, piattaforma leader nel settore dell’hospitality, ha annunciato in un comunicato stampa che “Milano e la Regione Lombardia hanno approvato nuove regole in favore dell’home sharing e della community di Airbnb”. Le nuove norme confermano che i residenti in Lombardia possono condividere le proprie case e, con ulteriori misure a sostegno degli host locali, pongono le basi per una futura collaborazione tra Airbnb e le città lombarde. Il provvedimento lombardo segue quelli di Londra, Amsterdam, Francia e Portogallo, amministrazioni che hanno implementato negli ultimi mesi le regole sulla sharing economy. Precedentemente, le regole per l’home sharing occasionale in Lombardia erano complesse e poco chiare e destinate ai professionisti dell’ospitalià. Le nuove regole riconoscono che molti degli host di Airbnb non sono aziende o professionisti ma persone comuni che condividono le loro case occasionalmente e utilizzano i guadagni come una risorsa per le proprie necessità. Nel dettaglio il provvedimento chiarisce che: i residenti in Lombardia sono liberi di condividere le loro case occasionalmente; l’home sharing è classificato come un’attività non professionale; molti degli host non dovranno ottemperare ai complessi obblighi di notificazione o mettere una segnaletica fuori dalle proprie abitazioni e beneficeranno di requisiti di notifica nuovi e semplificati con le autorità locali. Matteo Stifanelli, Country Manager di Airbnb Italia, ha cosi commentato: “L’home sharing e Airbnb portano benefici economici, sociali e ambientali unici a Milano e alla Lombardia. Gli host locali hanno già aiutato ad accogliere circa 400.000 visitatori nella regione durante gli ultimi 12 mesi, e hanno fornito agli ospiti esperienze autentiche e locali. Facciamo un plauso al Consiglio Regionale della Lombardia per l’annuncio di queste nuove regole e siamo disponibili a lavorare con le città su altre misure”. L’ annuncio di Airbnb della nuova regolamentazione dei servizi di condivisione del proprio appartamento è stata l’occasione per svelare alcuni dati riguardanti le presenze avvenute in Lombardia tramite la propria piattaforma tra l’1 settembre 2014 e l’1 settembre 2015: 400 Mila ospiti hanno alloggiato presso host locali lombardi, il numero rappresenta, rispetto ai dodici mesi precedenti, una crescita del 200%. Le principali città di origine degli ospiti Airbnb a Milano sono state: Parigi (5.8%); Londra (3%); Roma (2.3%); New York (2%); Zurigo: (1.8%).