Lo spot di Eugen Merher ignorato da Adidas ha collezionato oltre cinque milioni di visualizzazioni su YouTube 

Lo spot pubblicitario che Eugen Merher, uno studente tedesco, ha  realizzato e proposto a Adidas ha superato le cinque milioni (5,4 milioni per la precisione) di visualizzazioni su YouTube. Come SocialEconomy vi ha raccontato nei giorni scorsi, Merher non avendo ricevuto una risposta dal dipartimento di comunicazione del celebre brand sportivo, ha deciso di veicolare il proprio lavoro, dal titolo Break Gree , attraverso YouTube. In pochi giorni il suo video ha, così, raggiunto un gran numero di condivisioni ed è finito al centro dell’attenzione dei media di tutto il mondo. Lo spot in questione racconta la storia di un anziano maratoneta costretto a vivere in una casa di riposo che alla vista delle sue iconiche vecchie  scarpe da running ritorna a sorridere e vuole tornare a correre. Ogni suo tentativo viene, però, osteggiato dal personale della struttura sanitaria. Grazie all’aiuto dei compagni della casa di cura il maratoneta riesce comunque a realizzare il proprio sogno e a evadere dalla struttura per ricominciare a correre con le proprie Adidas. Il caso della pubblicità di Merher dimostra in modo chiaro come un contenuto media se ben fatto e di qualità può riscuotere un successo planetario anche senza l’appoggio di una grande azienda come è certamente Adidas. A Merher oltre che il merito di aver realizzato un video di qualità va riconosciuto il gesto di aver lasciato alla fine del video in primo piano il brand Adidas che sta così indirettamente ottenendo una grandissima visibilità malgrado abbia ignorato la proposta del creativo pubblicitario. 

Sharing economy, a Londra nascono gli home sharing club al grido #LondonIsOpen

Come raccontato da autorevoli media, tra cui il Corriere della Sera che ha recentemente ospitato un’intervista al suo CEO e fondatore Brian Chesky, sono molti nel mondo i paesi e comuni che stanno contestando la formula di Airbnb. Adesso, come raccontato dal The Gurdian, arriva una sorta di controffensiva organizzata dagli stessi host di Airbnb londinesi. Come naturale che sia nell’era della sharing economy, il desiderio di reagire a normative che a volte sono frutto di regole vecchie riadattate al caso dei servizi dell’economia condivisa arriva dal basso. È così che sono nati nella capitale UK gli home sharing club che altro non sono che delle libere forme associateve che riuniscono i proprietari delle abitazioni che vengono offerte come alloggi alla community sempre crescente di quei viaggiatori che scelgono Airbnb per le proprie vacanze o viaggi di lavoro. Come raccontato dal The Guardian, il colosso californiano ha inviato a Londra dei propri dipendenti per coordinare questi home sharing club. Su YouTube  sono anche apparsi degli spot pubblicitari facenti parte della #LondonIsOpen campaign lanciata da Airbnb in cui gli host raccontano la propria positiva esperienza derivante dal condividere la propria abitazione.  Come insegna il successo ottenuto dalla sharing economy sono la spinta dal basso e la partecipazione di massa a questa forma di economia la vera forza. La dimostrazione sono le varie Uber, i car sharing, i bike sharing e ovviamente la stessa Airbnb. Proprio per questo motivo noi di SocialEconomy, come tra l’altro notato qualche giorno fa da Beppe Severgnini sulle colonne del Corriere della Sera, riteniamo che la sharing economy non possa essere frenata o cancellata ma ben regolamentata. Diversamente le persone inventeranno nuove forme di condivisione. L’unica via è il dialogo per costruire tutti insieme – legislatori, Governi, Istituzioni locali, utenti, associazioni di categoria, consumatori e aziende – una forma di regolamentazione, anche fiscale, per gestire queste nuove forme di economia che magari sia anche in uniforme tra i vari stati visto che la sharing economy è un fenomeno  culturale mondiale. Se così non sarà a perdere non saranno soltanto le aziende ma tutto l’indotto che i big della sharing economy stanno contribuendo a far nascere e sviluppare e quindi l’economia reale. A supporto di quanto scriviamo ricordiamo che lo studio Fattore Sharing ha stimanto in 3,4 miliardi di Euro l’impatto per l’economia italiana generato da Airbnb. E come scritto dal Corriere della Sera è sbagliato ritenere che i viaggiatori che scelgono Airbnb sottraggono business agli alberghi tradizionali. 

Con “Leggi e Vendi” anche i giornali diventano sharing: riportandoli in edicola verra rimborsato il 50% del prezzo di copertina

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Anche le edicole, e quindi l’industria dell’editoria scopre la sharing economy. Grazie all’iniziativa Leggi e Vendi, promossa dai maggiori sindacati degli edicolanti Snag,Sinagi e Usiagi, sarà possibile riconsegnare il proprio quotidiano o periodico all’edicola in cambio della restitutzione del 50% del prezzo di copertina. Il giornale restituito, ridivenuto di proprietà dell’edicolante, potrà essere poi rivenduto a metà prezzo. Le uniche condizioni sono che la pubblicazione sia in buono stato e che la riconsegna avvenga alla stessa edicola entro limiti di tempo prestabiliti. L’iniziativa consentirà all’edicolante da un lato di incrementare le vendite, e dall’altro di richiamare il cliente nel punto vendita per la riconsegna del prodotto, moltiplicando , quindi, la possibilità di acquisti d’impulso. D’altra parte, è evidente anche il beneficio che ne trarranno i lettori, che potranno realizzare un risparmio secco oppure acquistare con la stessa cifra più prodotti editoriali, ivi compresi i mensili o i prodotti con periodicità superiore. Infine, ottenendo a costo zero una straordinaria opportunità di promozione per i propri prodotti, appare evidente il vantaggio che ne deriverà anche per gli editori e gli inserzionisti pubblicitari.

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