In più occasioni ci siamo occupati di boat sharing e delle Uber del mare. Accanto ai player che hanno puntato sulla sharing economy esistono realtà, di cui Bluewago è certamente quella più rappresentativa e importante, che pur avendo una componente sharing hanno preferito scegliere – per il proprio sviluppo – il tradizionale business del tour operator declinato sulle vacanze in barca. SocialEconomy ha incontrato Nicola Davanzo, fondatore e CEO di Bluewago per approfondire il percorso della società.
Perché ha deciso alcuni anni fa di avviare un’impresa?
Per risolvere un problema di molti viaggiatori, i quali avrebbero voluto scegliere di viaggiare anche in barca a vela ma che, per difficoltà nel reperimento di informazioni e per la mancanza di un servizio efficiente e completo, non ci erano mai riusciti. Bluewago, dunque, nasce con l’intento di creare un punto di riferimento del turismo nautico dove l’offerta e la domanda di vacanze in barca si potessero incontrare in modo facile e veloce. L’idea nasce esattamente nel 2012 e si trasforma nell’ottobre 2013 in una vera e propria startup grazie al sostegno di Innovation Factory, l’incubatore di primo miglio di Area Science Park, uno dei poli tecnologici e scientifici più importanti d’Europa.
Per fare impresa in Italia secondo lei è necessario seguire l’istinto?
L’istinto è uno strumento che in determinate condizioni e situazioni si può rivelare utilissimo, questo però va accompagnato da una precisa e attenta organizzazione del “sesto senso”. E’ necessario non soltanto focalizzarsi sugli obiettivi e su come raggiungerli ma è necessario preventivare ed essere pronti ad affrontare le situazioni impreviste, anche qualora si rivelino positive.
Consiglierebbe a un giovane di avviare un’impresa in italia oppure meglio fare impresa trasferendosi all’estero?
La nostra storia all’interno del sistema di crescita e sviluppo italiano è più che positivo: dopo aver ricevuto il sostegno di un incubatore d’impresa come Innovation Factory abbiamo sottoscritto un investimento di 130 mila euro grazie a Unicredit e al fondo di garanzia messo in pratica dalle efficaci politiche di sostegno del Ministero dello Sviluppo Economico. Ovviamente il sistema non è perfetto ed è ancora tanto il lavoro da svolgere, l’Italia è all’inizio di un percorso economico che nella Silicon Valley è in atto da diversi decenni ma sono certo che le possibilità per il prossimo futuro si svilupperanno nella giusta direzione e il nostro Paese possa rappresentare un’avanguardia per molti startupper.
Recentemente ha ceduto la maggioranza di Bluewago a un incubatore per 1 milione di euro. Lei ha monetizzato o l’ingresso è avvenuto in aumento di capitale? Perché ha deciso di vendere la maggioranza?
L’acquisizione di Bluewago da parte di Ventura (oggi Ven&to), divisione turistica di Venetwork l’acceleratore di opportunità produttive e finanziarie composto da oltre 50 imprenditori veneti, è arrivata in un momento particolare per l’azienda che voleva fare un salto di qualità e trasformarsi in una realtà maggiormente strutturata, ovvero un tour operator vero e proprio che veicolasse il prodotto della vacanza in barca su diversi canali, online e offline. L’ingresso di Ven&to in Bluewago è avvenuto, appunto, attraverso l’acquisizione del 51% delle quote.
Quali sono le prossime sfide che Bluewago dovrà vincere?
Da sempre abbiamo dato molta importante alle collaborazioni e alle partnership con importanti realtà imprenditoriali italiani e internazionali, diventanto uno dei motori vitali di Bluewago, utili non soltanto ai fini commerciali ma, soprattutto, di ampliamento del ventaglio delle nostre proposte e delle diverse declinazioni del prodotto mare. I prossimi step ci porteranno verso un consolidamento del canale di vendita agenziale, attivato da qualche mese, anche oltre i confini italiani. E’ nostra intenzione creare una vera e propria OLTA del mare che diventi un punto di riferimento all’interno del mercato turistico.
Nel successo di Bluewago pensa sia stato fondamentale il cambio di posizionamento da nautica a turismo?
Negli anni passati il problema di questo settore è stato proprio la mancanza di uno stretto rapporto tra nautica e turismo. L’Italia vanta oltre 7000 km di coste eppure le vacanze in barca fino a qualche anno fa erano una modalità di viaggio quasi sconosciuta. Oggi, per fortuna, anche grazie a realtà come la nostra il binomio nautica/turismo è sempre più stretto.
In Italia e all’estero ci sono tanti operatori che operano nel business di Bluewago pensa ci possa essere spazio per tutti o il mercato andrà verso un naturale consolidamento?
Il crescere di operatori è un dato molto positivo, rappresenta una domanda crescente del mercato; come per ogni altro settore il consolidamento naturale è una delle possibilità più certe.
Vi sentite parte della sharing economy o vi considerate più un operatore turistico?
Noi siamo un tour operator specializzato in un segmento di vacanza che di fatto ha in parte un’impronta di sharing economy pura, molti partner infatti sono armatori privati che per un determinato periodo dell’anno mettono a disposizione la propria imbarcazione. La parte più consistente però è formata da professionisti del settore nautico e del turismo che entrano a far parte del nostro team attraverso logiche commerciali ben strutturate, così da poter veicolare ai nostri clienti un prodotto non soltanto differenziato ma di alta qualità, con le garanzie che solo una struttura come la nostra può offrire.
Pensate che l’economia della condivisione rappresenti qualcosa in grado di supportare lo sviluppo economico del paese?
E’ un’ottimo strumento per portare avanti ancora di qualche passo lo sviluppo di diverse fette di mercato, ovviamente anche questa modalità economica è destinata ad evolversi secondo nuove logiche che rivoluzioneranno ancora una volta il nostro modo di pensare ed agire.