Gnammo: “Si alla legge sull’home restaurant, ma senza limitazioni alla sharing economy”

 

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“È positivo che l’AGCM rilevi gli stessi limiti che Gnammo aveva evidenziato lo scorso gennaio, in seguito all’approvazione della legge sull’home restaurant alla Camera”. Così Cristiano Rigon, founder di Gnammo, la principale piattaforma di social eating in Italia, commenta il parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato /di cui SocialEconomy ha scritto qualche giorno fa,  che si è espressa sul disegno di legge A.S. n. 2647, sulla “Disciplina dell’attività di home restaurant”. “La nuova normativa contiene alcuni punti che limitano fortemente la sharing economy – prosegue Rigon – così come lo stesso Garante ha sottolineato, riportando l’invito della Commissione Europea a favorire lo sviluppo di un’economia collaborativa, capace di creare nuove opportunità, sia per i consumatori sia per gli operatori. Ciò nonostante, ci sono alcuni punti che ci vedono distanti dalla valutazione dell’AGCM”.  Secondo il fondatore di Gnammo “Va considerato che la sharing economy, e il proprio potenziale, esistono unicamente grazie alla tecnologia: la crescita e la diffusione del fenomeno si poggia sulla viralità e sui nuovi sistemi digitali/elettronici. E’ grazie all’innovazione tecnologica che piattaforme come AirBnb o Blablacar, ma anche Gnammo stesso, hanno potuto svilupparsi ed espandersi, attraverso un passaparola ‘virtuale’ che si è tradotto in risultati concreti e positivi. Per questo – afferma Cristiano Rigon – ritengo che l’utilizzo delle piattaforme digitali per l’esercizio dell’attività di home restaurant non rappresenti tanto un limite, quanto piuttosto un’opportunità di promozione e pubblicità che altrimenti non avrebbe se rimanesse confinata tra le mura domestiche di una casa privata. Al contrario, la piattaforma e quindi internet sono l’unica via che hanno gli home restaurant per ottenere visibilità”. Riguardo all’obbligo imposto dalla legge di pagare la prestazione esclusivamente online “Riteniamo che la trasparenza sia un aspetto fondamentale. La tecnologia facilita la tracciabilità delle transazioni, allontanando i ‘furbi del contante’ e lo spauracchio del ‘è tutto fatto in nero’. È bene ricordare – sottolinea Cristiano Rigon – che l’home restaurant è un’attività destinata al privato cittadino, non all’imprenditoria: non si può pensare che lo stesso sostenga un rischio d’impresa, dove l’impresa non esiste. Riteniamo pertanto corretto che l’utente possa disdire anticipatamente, entro certi limiti temporali, la propria prenotazione, ed allo stesso tempo che il fornitore del servizio sia tutelato, non avendo magazzino, dall’aver fatto acquisti che poi non riuscirebbe a smaltire. Questo anche nell’ottica di ridurre lo spreco di cibo che si genera con il cosiddetto “no show”. Quanto all’osservazione fatta dal Garante rispetto ai limiti sui proventi che la legge va a imporre “Gnammo è assolutamente concorde anche se su basi differenti – afferma Rigon – Occorre precisare che detti limiti risulterebbero incostituzionali laddove si andasse ad inquadrare l’attività come libera impresa, cosa che la legge non va a toccare. Va ricordato che la definizione stessa di home restaurant inquadra l’attività come non professionale, e quindi fuori dai canoni propri di un’impresa, dove fondamentali sono i numeri di crescita ed il rischio che tutto ciò comporta. Per questo sosteniamo con forza che non si debbano avere limiti sul fatturato, per consentire agli operatori di valorizzare prodotti della tradizione e del territorio senza dover stare attenti al “costo del cibo”. Crediamo invece opportuno ragionare sul porre dei confini, anche numerici, così come è stato fatto a suo tempo per le attività di B&B, proprio al fine di ribadire che si sta normando un’attività non professionale, senza che questi siano di freno alla crescita del settore”.
Gnammo si trova, invece, concorde con l’AGCM nel sostenere che l’articolo 5 comma 3 del DDL in oggetto sia da riformulare. “Sarebbe positivo – dichiara Cristiano Rigon – se i B&B potessero ampliare la propria offerta, includendo quella ristorativa. Tuttavia occorre ricordare che già oggi, a prescindere da questa normativa, i regolamenti regionali sul turismo vietano questa possibilità, proprio per garantire equilibrio tra quelli che sono gli adempimenti cui devono sottostare alberghi ed hotel e le poche regole che hanno i B&B, in virtù dei loro limiti tra cui questo. Crediamo sia opportuno andare a precisare meglio il comma, per cui Gnammo aveva già fatto una proposta di emendamento che andava ad escludere, per tali soggetti, la possibilità di effettuare eventi di social eating in via esclusiva per gli ospiti del B&B o Affittacamere. Riteniamo infatti – conclude Rigon – che, in linea con quanto suggerito dalla commissione europea, occorra tutelare la crescita della sharing economy e quindi consentire a chi utilizza ad esempio piattaforme come Airbnb per affitti a breve termine di poter proporre anche eventi di social eating, unendo così l’opportunità di home sharing con quella del food sharing”.

Home restaurant, levata di scudi degli operatori contro la proposta di legge già approvata dalla Camera

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“Una legge che fa brindare solo le lobby dei ristoratori e che lascia l’amaro in bocca a chi vede vanificati due anni di sforzi diretti a trovare delle regole giuste e corrette per tutti” comincia cosi l’intervento Giambattista Scivoletto, amministratore del sito http://www.bed-and-breakfast.it con 16.000 B&B registrati e fondatore di HomeRestaurant.com in risposta alla proposta di legge sull’home restaurant che dopo l’approvazione di ieri della Camera dei Deputati arriverà ora in Senato. “Una legge che impone tanti e tali controlli e limiti che porterà inevitabilmente alla rinuncia di tantissimi aspiranti cuochi casalinghi, soprattutto quelli che più avrebbero portato lustro ed esperienza al settore dell’accoglienza culinaria domestica. Si pensi, ad esempio, alle nonne, alle mamme o alle zie, prime depositarie della cultura gastronomica tipica italiana, alle prese con le registrazioni sulle “piattaforme digitali” o con i pagamenti in forma elettronica, costrette a dire a chi le chiama al telefono che no, se si vuole assaggiare la parmigiana di melanzane come si faceva una volta bisogna andare sul sito www-punto-punto, prenotare e pagare lì e poi, mezz’ora prima di servire il pasto, collegarsi al sito e dichiararlo, pena multe salatissime – Prosegue Scivoletto . Un settore che anche se fosse stato lasciato sviluppare senza freni e limiti non avrebbe minimamente intaccato quello della ristorazione classica, che con 76 miliardi di volume d’affari nel 2015 (e la cui sola evasione fiscale fisiologica potrebbe coprire buona parte delle finanziarie di ogni anno o l’intero fabbisogno per l’erogazione del reddito di cittadinanza – ricordiamo), schiaccia con ordini di grandezza a quattro zeri il probabile volume d’affari degli Home restaurant da qui a pochi anni. Un silenzio che dice tutto, quello dei relatori della legge; sordi alle istanze di 5.000 firmatari degli appelli che chiedevano regole semplici in linea con le raccomandazioni tanto dell’Europa quanto del ministro dello Sviluppo Economico.
Per il futuro Scivoletto spera che “Il Senato, dall’alto della sua ritrovata autorità, possa mettere mano ai punti più controversi della Legge e ridarci fiducia nella Politica, quella che finalmente liberi l’Italia dal peso delle corporazioni e la traghetti verso approdi più sensibili e reattivi ai mutamenti dello scenario economico globale”.  Dello stesso avviso anche Cristiano Rigon, fondatore di Gnammo, il principale portale di social eating in Italia che all’Adnkronos ha manifestato “L’augurio che il Senato sappia produrre una legge sufficientemente agile e snella, rispondente ai suggerimenti UE di non promulgare norme che limitino, ma che favoriscano lo sviluppo del mercato del social eating, limando ancora i forti vincoli presenti nel testo approvato” dalla Camera. Come SocialEconomy vi ha raccontato la proposta di legge riguardante questo segmento della sharing economy approvata ieri introduce una sorta di identikit di home restaurant e di home food  definendone le caratteristiche principali. Tra queste  un guadagno non superiore a 5mila euro annui, l’uso di piattaforme digitali per l’organizzazione e prenotazione di eventi gastronomici (e quindi pagamenti soltanto attraverso sistemi elettronici tracciabili come carta di credito o bancomat). contrarimente alle premesse inziali secondo il testo approvato dalla Camera gli home restaurant non dovranno avere la certificazione Haccp cioè il protocollo previsto per le strutture adibite a produzione e vendita di generi alimentari per prevenire la contaminazione dei cibi.

Sharing economy: la legge sugli home restaurant arriva in Parlamanento 


È previsto per oggi in Aula alla Camera dei Deputati il voto sul testo unificato sugli home restaurant nato dalla proposta di legge del Movimento 5 Stelle, che per primo ha portato il tema in Commissione Attività Produttive dando così il via ad un percorso che ha stimolato contributi da parte anche delle altre forze politiche. Con questa proposta di legge promossa dall’Onorevole Azzurra Cancelleri il M5S ha accolto le istanze di un fenomeno imprenditoriale nato dal basso e in continua crescita, come appunto l’attività di ristorazione in abitazioni private. Lo sviluppo è il successo del social eating e degli home restaurant è legato alla rapida diffusione della sharing economy, l’economia collaborativa che si sta diffondendo rapidamente nei principali paesi del mondo.  L’obiettivo della legge è quello di colmare un gap normativo, introducendo una sorta di identikit di ‘home restaurant’ o ‘home food’  definendone le caratteristiche principali. Tra queste, un massimo di 500 coperti per anno solare, un guadagno non superiore a 5mila euro annui, l’uso di piattaforme digitali per l’organizzazione e prenotazione di eventi gastronomici, i requisiti igienico sanitari a tutela del consumatore, la priorità ad ingredienti a Km 0 in grado di favorire un’alimentazione sostenibile e valorizzare le tradizioni enogastronomiche locali, vere eccellenze dell’agroalimentare Made in Italy. L’attività ha preso sempre più piede tanto da fatturare nel 2014, secondo le stime di Fiepet-Confesercenti riportate dall’Agenzia Ansa, 7,2 milioni di euro

Addio a Fidel Castro, la sua Cuba è stata la culla della sharing economy

Foto Google Maps


La morte di Fidel Castro ci induce una riflessione: Cuba, il paese che il leader politico ha governato per cinquantadue anni,  può essere considerata una delle nazioni che ha favorito e normato la sharing economy ante litteram. Molti anni prima dell’arrivo dei primi marketplace di sharing tra cui il più Airbnb, infatti, nell’isola che lui ha governato sono sorte le casas particulares e le paladares. A riprova di quanto noi di SocialEconomy abbiamo scritto in uno dei nostri primi post c’è quindi un legame che unisce i principi ispiratori del comunismo e l’economia partecipativa. Due esempi concreti di questo legame sono appunto le casas particulares, abitazioni di cubani che vengono condivise con turisti con l’obiettivo duplice di offrire agli stranieri un’esperienza di viaggio local touch  e di dare contemporaneamente agli isolani una forma supplementare di reddito (le basi del moderno home sharing) e le paladares, case in cui gli abitanti della nazione che ha in L’Avana la sua capitale ospitano a pranzo o cena i visitatori in cambio di un compenso esattamente ciò che avviane oggi con le piattaforme di social eating. Fidel Castro ha sempre incoraggiato e normato queste forme di economia creando una rete ufficiale che rendono riconoscibile ogni casa particulare. Il termine casas particulares, ossia abitazione privata, stato adottato in tutta Cuba dopo il 1997 , quando l’iniziativa del governo cubano di Fidel Castro ha permesso ai cubani di affittare camere ai turisti all’interno delle proprie abitazioni. Per poter svolgere queste attività ogni alloggio deve essere iscritto in un apposito registro e ottenere una licenza. Inoltre ogni proprietario di casa deve esporre fuori la porta un un cartello blu con scritto Arrendador Inscripto. Il fatto che Cuba ha sempre visto con favore l’economia della condivisione è confermato dall’apertura che il Governo locale ha avuto nei confronti di Airbnb a partire dall’aprile del 2015 quando uno speciale accordo ha consentito ai cittadini USA di alloggiare in appartamenti condivisi inseriti nella celebre piattaforma di condivisione di appartamenti che è stato poi esteso nel 2016 ai turisti provenienti da tutto il mondo. La stessa società californiana in occasione del viaggio del Presidente Barack Obama a Cuba aveva reso noti alcuni dati della sua presenza nell’isola: oltre 4 mila alloggi disponibili per un totale di 13 mila US citizen che nel corso del primo anno dallo sbarco nella patria di Fidel hanno scelto l’home sharing di Airbnb

Future Food, tra i 16 vincitori anche un progetto di social eating


Dall’alveare hi-tech, all’allevamento di insetti commestibili; dalle pappe bio e fresche per lo svezzamento dei bimbi, al network di cuochi casalinghi; dal sistema di agricoltura di precisione con droni, satelliti e GPS, al servizio di chef a domicilio; dall’e-commerce per creare il proprio orto, uliveto, frutteto, all’elettrodomestico per coltivare verdure in casa. Queste sono alcune delle 16 idee, selezionate fra gli oltre 76 progetti inviati al Future Food  che hanno partecipato alla fase finale di Future Food svoltasi a Bologna. Tra loro c’è quindi anche un po’di sharing economy attraverso il social eating de Le Cesarine.  Future Food è la Call for Innovation di Digital Magics, business incubator quotato sul mercato AIM Italia di Borsa Italiana in collaborazione con il Gruppo Intesa Sanpaolo, rivolta a tutte le startup che sviluppano prodotti, servizi e modelli di business innovativi nei settori del food e dell’agroalimentare. Questi nel dettaglio i sedici vincitori di Future Food.

3Bee ha ideato un alveare hi-tech, integrando in modo semplice e in meno di 20 secondi un dispositivo dimonitoraggio all’interno delle arnie. Il device di 3Bee valuterà i parametri vitali delle api e trasmetterà i dati su un cloud all’apicoltore, che potrà intervenire tempestivamente.

Agricolus, making precision timing easyer, è un sistema di agricoltura di precisione che, analizzando i datiderivati da satelliti, droni, sensori, GPS, indica i diversi metodi di intervento nei singoli campi, ottimizzando così la coltivazione.

ALMA EUREKA sta sviluppando un progetto di alimentazione sostenibile per il futuro: allevare e produrreinsetti commestibili in Italia, creando una filiera corta in cui la materia prima insetto, si nutra di scarti dellalavorazione di prodotti locali, creando la base per futuri alimenti.

Cooki è il primo gestionale per ricette e allergeni rivolto a chi prepara e vende alimenti. Permette in modo estremamente semplice di gestire ricettari, lista fornitori, stampa etichette e menu, esegue il calcolo automatico dei valori nutrizionali, il tutto nel pieno rispetto dei regolamenti europei e nazionali.

Edo è un’app mobile che consente di capire quanto siano salutari i prodotti che le persone comprano ogni giorno. Analizzando il codice a barre fornisce una valutazione da 0 a 10 basata sugli utenti.

Kase è un box innovativo per food delivery che è in grado di ridurre significativamente i costi di trasporto relativi a generi alimentari consegnati da camion refrigerati.

Le Cesarine sono un network – coordinato a livello nazionale da uno staff dedicato – di cuoche casalinghe esperte, animate da un’autentica passione per la cucina tradizionale e selezionate per ospitare nelle proprie case eventi gastronomici a base di ricette locali in piano stile social eating.

Mamma M’Ama, nata dall’idea di tre mamme, ha sviluppato la produzione e la vendita di pappe per lo svezzamento dei bimbi da 4 a 36 mesi: fresche, bio, complete, artigianali e cucinate con prodotti di stagione 100% Made in Italy.

MyAgry è l’e-commerce per creare il proprio orto, uliveto, frutteto, scegliendo dimensioni, colture emodalità di conduzione. Delle persone altamente qualificate areranno, prepareranno i terreni,semineranno, cureranno le piante e alla fine raccoglieranno i prodotti trasformati per portarli sulla tavola dell’utente.

MyCheffy è la piattaforma web che offre il servizio di personal chef a domicilio: scegliendo il menu, arriverà direttamente a casa un cuoco, con tutto l’occorrente, che preparerà la cena. La società ha inoltre attualmente in corso un equity crowdfunding organizzato da CrowdFundMe con l’obiettivo di raccogliere 60 mila Euro.

My Eatness produce cibi nutraceutici e salutari con un alto contenuto di principi nutritivi, grazie a un processo innovativo di trasformazione per conservare le proprietà benefiche naturalmente contenute nei frutti della terra.

MagicBox realizza macchine per la coltivazione aeroponica completamente automatizzata, attraverso una tecnologia brevettata di serre per interni o esterni. Si passa da prodotto a km 0 a metro 0, creando nuovispazi coltivabili senza intaccare le risorse del pianeta, ma anzi rendendo coltivabili ambienti ostili.

Quomi è un servizio che semplifica il modo di fare la spesa: ogni settimana propone un menu differente tra cui scegliere e poi gli utenti riceveranno gli ingredienti – di prodotti freschi e di alta qualità – nelle giustedosi con le istruzioni per preparare le ricette selezionate.

RobotFarm® è una serra idroponica completamente automatica, delle dimensioni di un elettrodomestico standard, in grado di coltivare verdure senza pesticidi e fitofarmaci per tutto l’anno, con risparmio idrico ed energetico, senza necessità di pollice verde o competenze agronomiche.

TomorrowData ha sviluppato Maturum Project: ottenere l’indicazione esatta se il grado di maturazione del prodotto esaminato (es. Grana Padano o Parmigiano) sia quello richiesto, attraverso l’uso di sensori (es.accelerometri) e dati audio processati tramite una rete neurale.

WeBeers è l’e-commerce per scoprire le migliori birre artigianali dei birrifici più esclusivi e prestigiosi inmodalità catalogo e con l’innovativo piano abbonamento.

Layla Pavone, Amministratore Delegato di Digital Magics per l’Industry Innovation, ha dichiarato: “I 16 progetti finalisti di ‘Future Food’ stanno creando vera e propria innovazione di processi, prodotti e servizi nell’ambito della produzione, sostenibilità, nutrizione e salute, retail, sensoristica, agricoltura, utilizzo dibiomasse e packaging. Siamo rimasti veramente entusiasti per la visione del futuro che questi giovani talenti italiani hanno presentato a Bologna. Grazie al nostro partner Intesa Sanpaolo e agli importanti componenti del Comitato di valutazione della Call, sono convinta che riusciremo a sostenere la crescita di queste neoimprese digitali con percorsi di accelerazione e ad affiancarle per creare sinergie e collaborazioni con le imprese del settore alimentare, che ringrazio per aver partecipato alla fase finale, nell’ottica di lanciare programmi di Open Innovation con le startup”.

Gnammo porta il social eating al ristorante

 

Oltre a Uber anche Gnammo prova la via dell’integrazione tra sharing economy e old econony. La principale piattaforma italiana di social eating ha, infatti, annunciato tramite il proprio blog che le proprie cene condivise saranno disponibili anche nei ristoranti.  La nuova iniziativa parte da Torino, ma nei prossimi giorni anche in altre città italiane si potra cominciare a vivere questa nuova esperienza della costellazione di Gnammo. Il funzionamento di un evento di social restaurant è davvero semplice: nei ristoranti che sceglieranno di creare un evento sulla piattaforma Gnammo un tavolo sarà agli gnammers che potranno così assaporare tutti insieme, dopo aver prenotato tramite il sito web gnammo.com, tanti buoni piatti.  I primi chef hanno deciso di ospitare gli gnammers sono lo stellato Marcello Trentini del ristorante Magorabin e Francesco Cardamone de L’Hamburgeria di Eataly.

Libera e Gnammo insieme per il festeggiare i venti anni di lotta alle mafie

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Sostenere la lotta contro le mafie e la corruzione attraverso eventi di social eating. È quanto accadrà in tutta Italia dal 12 al 31 ottobre grazie alla partnership tra Gnammo e Libera. Gnammo ha deciso di supportare la raccolta fondi per il ventennale dell’associazione, lanciando una chiamata ai fornelli a tutti i cuochi social della community per organizzare eventi presso le proprie abitazioni con menu che prevedano gli spaghettoni Venti Liberi prodotti con il grano coltivato nei terreni confiscati alle mafie. Fare la propria parte è semplicissimo: basterà organizzare il proprio evento di social eating secondo le modalità previste da Gnammo e dopo aver ricevuto la mail di conferma di messa online dell’evento si riceverà a casa il pacco di spaghettoni (in alcune città sarò richiesto di ritirarlo dalla sede locale di Libera). Successivamente saranno da attendere le prenotazioni degli gnammers. Ad evento concluso l’organizzatore della cena social dovrà indicare quanto del ricavato si vorrà donare a Libera. Qui trovate il calendario ufficiale della “rassegna”.