Indiegogo lancia la piattaforma di crowdfunding destinata alle grandi aziende

 

Indiegogo

 
Durante il CES di Las Vegas, Indiegogo, una delle principali piattaforme di crowdfunding ha lanciato una piattaforma dedicata specificatamente alle grandi aziende al fine di avvicinarle al mondo del finanziamento collettivo tipico della sharing economy e al suo vasto pubblico di seguaci. Il programma, che si chiama Enterprise Crowdfunding, offrirà alle grandi aziende strumenti utili per entrare in contatto con creativi, appassionati di tecnologia e di prodotti innovativi al fine di permettere alle società di costruire una forte relazione con i nuovi consumatori. Con questa mossa Indiegogo si apre quindi a un nuovo mercato e cerca quindi, tramite l’innovazione di prodotto, a scalare market share soprattutto contro l’eterno competitor Kickstarter. In un’economia sempre più on demand è immaginabile che Enterprise Crowdfunding verrà utilizzata dalle grandi multinazionali, più che per raccogliere fondi, per testare i propri nuovi prodotti più innovativi e per capire, prima dell’eventuale messa in produzione, il reale gradimento del mercato. La nuova piattaforma,che fornirà alle large corporate strumenti di analisi, di marketing, programmi di sponsorship  e di utilità di supporto al fine di migliorare l’engagement con i propri clienti, è stata già testata da alcune grandi aziende. General Electric, Hasbro, e Harman, Philips, Westinghouse e ShockTop hanno fatto uso di Enterprise Crowdfunding. GE, ad esempio, con la propria società controllata FirstBuild nel corso del 2015 ha lanciato due campagne crowdfunding, una riguardante il piano di cottura a induzione Paragon e l’altra la macchina per il ghiaccio Opal, raccogliendo complessivamente nella fase di prevendita oltre US$ 3 milioni e acquisendo più di 10 mila nuovi clienti. I vantaggi per una grande azienda di fare ricorso al crowdfunding, che solitamente nell’era della sharing economy è utilizzato dalle startup per raccogliere fondi, sono indicati da Natarajan Venkatakrishnan, head della Ricerca&Svilupoo di  GE Appliances e Director di GE FirstBuild: “Dal concept alla produzione il tempo totale che abbiamo impiegato sono stati 4 mesi. I costi complessivi sono stati di  venti volte inferiori rispetto a quelli di un normale roll out di un nuovo prodotto che può costare decine di milioni di dollari. Se il nostro nuovo prodotto sia avvia a non riscuotere successo, noi vogliamo che ciò avvenga velocemente”. 

I servizi di concierge on demand possono spingere il mercato dell’home sharing

Logo_Bnbsitter_300dpi_alphaUn studio condotto da Bnbsitter, la startup che fornisce servizi di concierge on demand a tutti coloro che desiderano affittare un alloggio a breve termine, ha messo in evidenza come i proprietari di beni in affitto possano aumentare i propri ricavi, delegando le attività di gestione immobiliare. Secondo una ricerca condotta su 2.000 host in tredici città, gestendo in outsourcing le attività quotidiane più banali, ma dispendiose in termini di tempo – consegna delle chiavi, check-in e check-out, pulizie, lavanderia, servizi di approvvigionamento e coordinamento degli ospiti – i proprietari possono immediatamente aumentare i propri ricavi fino al 30%. L’aumento stimanto dalla ricerca è legato a due fattori. In primo luogo, è possibile ottenere un risparmio fino al 50%, semplicemente concentrandosi sulla gestione smart delle proprietà. Utilizzando servizi on demand, invece di agenzie tradizionali, i proprietari possono evitare vincoli contrattuali a lungo termine, pagando di volta in volta solo per i servizi di cui hanno bisogno.  In secondo luogo, i ricavi possono essere potenziati grazie alla rapidità con cui l’immobile ritorna disponibile per un nuovo cliente. La tempestività e efficienza con cui i servizi di pulizia e rifornimento vengono effettuati permettono infatti di rendere immediatamente disponibile l’appartamento per l’ospite successivo, senza dispersione di tempo tra un cliente e l’altro. I dati evidenziano che sono necessarie di solito fino a 48 ore per la preparazione di un appartamento per un nuovo inquilino. Con i servizi on demand, invece, i turisti in arrivo possono essere accolti nello stesso giorno degli ospiti in partenza, generando un aumento mensile di ricavi del 15%. Biagio Tumino, co-fondatore e COO di Bnbsitter ha così commentato lo studio: “Fino ad ora i proprietari di immobili affidavano questi compiti ad agenzie tradizionali, ma spesso venivano scoraggiati dai costi elevati e dall’impressione di poter guadagnare di più occupandosi in autonomia di queste attività. In realtà però, nel mercato degli affitti, l’outsourcing degli aspetti operativi quotidiani o dei lavori più dispendiosi in termini di tempo, permette ai proprietari di concentrarsi su elementi di maggiore impatto e valore, dedicandosi di più all’attività di promozione rivolta ai turisti, così come alla propria la vita di tutti i giorni”.

I dati di Bnbsitter arrivano nel momento in cui è crescente il dibattito sulle positive ricadute economiche generate dalle piattaforme di affitto a breve termine che SocialEconomy vi sta raccontando nel suo “viaggio” a puntate alla scoperta dell’impatto economico che Airbnb, uno dei principali player della sharing economy, sta avendo sulle economie delle principali citta in cui è presente (UK ,Berlino, Madrid, Barcellona e Atene). Nel giugno 2013, infatti, Airbnb ha annunciato i risultati di uno studio che ha valutato l’impatto economico di turisti e host di Airbnb a livello globale. I risultati hanno rivelato un impatto significativo nelle città di tutto il mondo: nel Regno Unito, ad esempio, Airbnb ha generato un indotto di $ 824milioni e creato 11.600 posti di lavoro; a Parigi ha prodotto un giro d’affari di 185 milioni di € e generato occupazione per 1.100 persone nell’arco di un anno.  Lo studio ha anche rivelato che l’attività di hosting a breve termine stimola i residenti delle città a sviluppare attitudini imprenditoriali e scegliere forme non tradizionali di lavoro. In particolare, il settore si sta rivelando particolarmente vitale per liberi professionisti o lavoratori part-time, che costituiscono una percentuale significativa della community di Airbnb (il 42% nel Regno Unito). Dagli affitti hanno potuto infatti generare un reddito supplementare utile ad integrare quello prodotto dal lavoro. Il risparmio e il potenziale aumento del 30% delle entrate che i servizi on demand possono abilitare si stanno rivelando una grande opportunità per questo segmento della forza lavoro, finanziariamente più precario.

Amazon sfida Uber e lancia Amazon Flex

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Amazon, il colosso dell’ecommerce ha annunciato oggi il lancio del servizio Amazon Flex. L’iniziativa consiste nel fare diventare semplici cittadini postini, in cambio di un compenso che la società USA stima tra i 18 e i 25 US dollari all’ora. I postini, per entrare a far parte della squadra, dovranno garantire un minimo di due ore di disponibilità giornaliera; dovranno avere almeno 21 anni e essere dotati di auto e di smartphone Android.
Il servizio Amazon Flex è già attivo a Seattle e presto sara esteso alle città di New York (nella zona di Manhattan) Baltimore, Miami, Dallas, Austin, Chicago, Indianapolis, Atlanta e Portland.
In questa prima fase i postini potranno consegnare solo prodotti Amazon Prime, ma la stessa società ha dichiarato che in futuro il nuovo servizio di consegna potrebbe essere esteso.
Altra novità possibile è l’apertura a mezzi di consegna alternativi all’automobile, come le biciclette o addirittura la consegna a piedi.
Alla base di questa mossa, con cui il colosso di Jeff Bezos entra di diritto tra gli attori dell’economia on demand, sfidando Uber che già in alcune città in Europa è Stati Uniti sta sperimentando servizi di trasporto di cibi a domicilio con UberEATS e che secondo alcuni media potrebbe puntare per il futuro anche sui servizi di logistica.