Non si arrestano le critiche degli operatori sulla proposta di legge sugli home restaurant


Dopo l’approvazione da parte della Camera dei Deputati del proposta di legge volto a regolare il fenomeno degli home restaurant, i ristoranti casalinghi dell’era della sharing economy, non si arrestano le perplessità e le critiche da parte degli operatori. Dopo l’intervento di Giovanbattista Scivoletto, adesso è  Michele Ruschioni portavoce del Movimento Home Restaurant Roma a intervenire. “La sharing economy è un ingranaggio ineludibile del XXI secolo e va regolamentata in modo intelligente e non contrastata in chiave ideologica” esoridisce Ruschioni. “Dal testo sugli home restaurant in discussione in Parlamento si evince che non si vuole incentivare il fenomeno ma che anzi, si sta lavorando per affossarlo sul nascereSembra scritto sotto la dettatura di quelle lobby che vedono – erroneamente – negli home restaurant una sorta di male assoluto”, continua il portavoce del Movimento “Home Restaurant Roma” e prima persona in Italia a lanciare questa formula nel nostro paese nel 2014 nella sua casa romana.  “Il testo che è arrivato in Parlamento è inquinato da logiche illiberali e si pone ideologicamente contro la sharing economy, in Parlamento devono capire che gli home restaurant non sono un gioco, non sono un passatempo e possano generare quel reddito minimo per aiutare molte famiglie ad abbassare la curva dei costi fissi. Redditi sui quali – precisa Ruschioni – sarà sacrosanto pagare le giuste e doverose tasse. Quello che invece emerge dal testo in discussione in Parlamento è un freno al lavoro e alla libera iniziativa degli italiani. Chi vuole lavorare e contribuire al benessere collettivo, erogando servizi e pagando le tasse su questi, non può farlo. Siamo di fronte a logiche medioevali che guardano al passato e affrontano la modernità con estrema paura“, spiega Ruschioni che in due anni e mezzo ha visto e toccato con mano le enormi potenzialità che l’home food può generare in Italia.  “L’attività di home restaurant risponde a delle richieste food-esperenziali che i normali ristoranti non sono in grado di soddisfare, chi va in un home restaurant cerca legami autentici con il territorio e vuole toccare con mano quella autenticità dei sapori e di esperienze culturali che solo un ambiente domestico può regalare”. Ruschioni conclude affermando che “Fermo restando che parliamo sempre di somministrazione di alimenti e bevande bisogna avere l’onestà intellettuale di dire che parlare di concorrenza sleale tra ristoranti e home restaurant è inesatto, bisogna capire che si tratta di contesti diversi per strutture, offerte e capacità di servizi. Siamo contrari quindi alla limitazione di coperti imposta annualmente, siamo contrari alla limitazione delle serate nelle quali le porte della propria casa possono essere aperte e siamo contrari all’obbligo di pagamento con carta di credito. In pizzeria si potrà continuare a pagare cash e a casa di Nonna Rosa invece sarà necessario il Pos. Siamo all’assurdo”. Dopo l’approvazione da parte della Camera dei Deputati di settimana scorsa adesso il testo è atteso per il secondo è definitivo esame dal Senato. 

L’Accademia della Crusca boccia il termine home restaurant e invita il Senato a sostituirlo con “ristorazione domestica”

accademia

In relazione alla proposta di legge approvata dalla Camera dei Deputati il 17 gennaio che disciplina l’attività di ristorazione in abitazione privata, l’Accademia della Crusca con il gruppo Incipit ha diffuso un comunicato stampa per bacchettare il legislatore italiano “colpevole” di aver fatto ricorso all’anglismo home restaurant. Il gruppo Incipit, costituito da Michele Cortelazzo, Paolo D’Achille, Valeria Della Valle, Jean-Luc Egger, Claudio Giovanardi, Claudio Marazzini, Alessio Petralli, Luca Serianni, Annamaria Testa, si occupa di esaminare e valutare neologismi e forestierismi incipienti, scelti tra quelli impiegati nel campo della vita civile e sociale, nella fase in cui si affacciano alla lingua italiana, al fine di proporre eventuali sostituenti italiani. Secondo gli accademici  è “Sorprendente che per definire” l’attività di ristorazione domestica” “Il legislatore italiano debba ricorrere all’anglismo home restaurant, quasi che l’arte culinaria casalinga del nostro Paese abbia origini oltre Manica e la lingua italiana non disponga di un termine per designare ciò che si potrebbe senz’altro denominare ristorante domestico”. Il Gruppo Incipit, che si adopera per una migliore coscienza linguistica e civile, ha, quindi, invitato i membri del Senato, ora investito dell’esame del testo di legge, a valutare criticamente l’opportunità di introdurre nella legislazione un termine straniero che, oltre a non apportare alcuna chiarezza supplementare. Già in passato il Gruppo Incipit dell’Accademia era intervenuto sull’utilizzo di termini stranieri avanzando le seguenti proposte di sostituzione:

Hot spot → Centro di identificazione

Voluntary disclosure → Collaborazione volontaria

Smart working → Lavoro agile

Bail in → Salvataggio interno / Bail out → Salvataggio esterno

Stepchild adoption → Adozione del figlio del partner

Whistleblower → Allertatore civico

Il prossimo anglismo a finire sotto osservazione sarà sharing economy? 

Home restaurant, levata di scudi degli operatori contro la proposta di legge già approvata dalla Camera

pesce

“Una legge che fa brindare solo le lobby dei ristoratori e che lascia l’amaro in bocca a chi vede vanificati due anni di sforzi diretti a trovare delle regole giuste e corrette per tutti” comincia cosi l’intervento Giambattista Scivoletto, amministratore del sito http://www.bed-and-breakfast.it con 16.000 B&B registrati e fondatore di HomeRestaurant.com in risposta alla proposta di legge sull’home restaurant che dopo l’approvazione di ieri della Camera dei Deputati arriverà ora in Senato. “Una legge che impone tanti e tali controlli e limiti che porterà inevitabilmente alla rinuncia di tantissimi aspiranti cuochi casalinghi, soprattutto quelli che più avrebbero portato lustro ed esperienza al settore dell’accoglienza culinaria domestica. Si pensi, ad esempio, alle nonne, alle mamme o alle zie, prime depositarie della cultura gastronomica tipica italiana, alle prese con le registrazioni sulle “piattaforme digitali” o con i pagamenti in forma elettronica, costrette a dire a chi le chiama al telefono che no, se si vuole assaggiare la parmigiana di melanzane come si faceva una volta bisogna andare sul sito www-punto-punto, prenotare e pagare lì e poi, mezz’ora prima di servire il pasto, collegarsi al sito e dichiararlo, pena multe salatissime – Prosegue Scivoletto . Un settore che anche se fosse stato lasciato sviluppare senza freni e limiti non avrebbe minimamente intaccato quello della ristorazione classica, che con 76 miliardi di volume d’affari nel 2015 (e la cui sola evasione fiscale fisiologica potrebbe coprire buona parte delle finanziarie di ogni anno o l’intero fabbisogno per l’erogazione del reddito di cittadinanza – ricordiamo), schiaccia con ordini di grandezza a quattro zeri il probabile volume d’affari degli Home restaurant da qui a pochi anni. Un silenzio che dice tutto, quello dei relatori della legge; sordi alle istanze di 5.000 firmatari degli appelli che chiedevano regole semplici in linea con le raccomandazioni tanto dell’Europa quanto del ministro dello Sviluppo Economico.
Per il futuro Scivoletto spera che “Il Senato, dall’alto della sua ritrovata autorità, possa mettere mano ai punti più controversi della Legge e ridarci fiducia nella Politica, quella che finalmente liberi l’Italia dal peso delle corporazioni e la traghetti verso approdi più sensibili e reattivi ai mutamenti dello scenario economico globale”.  Dello stesso avviso anche Cristiano Rigon, fondatore di Gnammo, il principale portale di social eating in Italia che all’Adnkronos ha manifestato “L’augurio che il Senato sappia produrre una legge sufficientemente agile e snella, rispondente ai suggerimenti UE di non promulgare norme che limitino, ma che favoriscano lo sviluppo del mercato del social eating, limando ancora i forti vincoli presenti nel testo approvato” dalla Camera. Come SocialEconomy vi ha raccontato la proposta di legge riguardante questo segmento della sharing economy approvata ieri introduce una sorta di identikit di home restaurant e di home food  definendone le caratteristiche principali. Tra queste  un guadagno non superiore a 5mila euro annui, l’uso di piattaforme digitali per l’organizzazione e prenotazione di eventi gastronomici (e quindi pagamenti soltanto attraverso sistemi elettronici tracciabili come carta di credito o bancomat). contrarimente alle premesse inziali secondo il testo approvato dalla Camera gli home restaurant non dovranno avere la certificazione Haccp cioè il protocollo previsto per le strutture adibite a produzione e vendita di generi alimentari per prevenire la contaminazione dei cibi.

Sharing economy: la legge sugli home restaurant arriva in Parlamanento 


È previsto per oggi in Aula alla Camera dei Deputati il voto sul testo unificato sugli home restaurant nato dalla proposta di legge del Movimento 5 Stelle, che per primo ha portato il tema in Commissione Attività Produttive dando così il via ad un percorso che ha stimolato contributi da parte anche delle altre forze politiche. Con questa proposta di legge promossa dall’Onorevole Azzurra Cancelleri il M5S ha accolto le istanze di un fenomeno imprenditoriale nato dal basso e in continua crescita, come appunto l’attività di ristorazione in abitazioni private. Lo sviluppo è il successo del social eating e degli home restaurant è legato alla rapida diffusione della sharing economy, l’economia collaborativa che si sta diffondendo rapidamente nei principali paesi del mondo.  L’obiettivo della legge è quello di colmare un gap normativo, introducendo una sorta di identikit di ‘home restaurant’ o ‘home food’  definendone le caratteristiche principali. Tra queste, un massimo di 500 coperti per anno solare, un guadagno non superiore a 5mila euro annui, l’uso di piattaforme digitali per l’organizzazione e prenotazione di eventi gastronomici, i requisiti igienico sanitari a tutela del consumatore, la priorità ad ingredienti a Km 0 in grado di favorire un’alimentazione sostenibile e valorizzare le tradizioni enogastronomiche locali, vere eccellenze dell’agroalimentare Made in Italy. L’attività ha preso sempre più piede tanto da fatturare nel 2014, secondo le stime di Fiepet-Confesercenti riportate dall’Agenzia Ansa, 7,2 milioni di euro