Si celebra oggi 5 maggio presso il Tribunale di Roma l’udienza sul ricorso presentato da Uber contro la sentenza con la quale il Tribunale civile di Roma aveva dichiarato la concorrenza sleale nei confronti dei tassisti da parte del big player della sharing economy. Dalla decisione dei giudici dipende il futuro di Uber in Italia in quanto il Tribunale Civile di Roma con un provvedimento dello scorso 7 aprile aveva disposto la sospensione perentoria dei servizi Uber entro i successivi 10 giorni. Successivamente il colosso del ride sharing come raccontato da SocialEconomy aveva ottenuto la sospensione temporanea del provvedimento fino all’esito del giudizio di appello che inizia appunto oggi. In Udienza, a porte chiuse, Uber potrà contare dell’appoggio dell’associazione dei consumatori Altroconsumo e su quello dell’Antitrust. Contro la scelta dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato si sono scatenati ieri alcune sigle sindacali dei tassiti che in un comunicato hanno scritto che trovano “Scandaloso che un’Autorithy sostenuta con i soldi dei contribuenti spenda risorse pubbliche per difendere gli interessi di un gruppo privato senza mai trovare una parola in favore di un fondamentale servizio pubblico come il taxi”.
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Gnammo: “Si alla legge sull’home restaurant, ma senza limitazioni alla sharing economy”
“È positivo che l’AGCM rilevi gli stessi limiti che Gnammo aveva evidenziato lo scorso gennaio, in seguito all’approvazione della legge sull’home restaurant alla Camera”. Così Cristiano Rigon, founder di Gnammo, la principale piattaforma di social eating in Italia, commenta il parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato /di cui SocialEconomy ha scritto qualche giorno fa, che si è espressa sul disegno di legge A.S. n. 2647, sulla “Disciplina dell’attività di home restaurant”. “La nuova normativa contiene alcuni punti che limitano fortemente la sharing economy – prosegue Rigon – così come lo stesso Garante ha sottolineato, riportando l’invito della Commissione Europea a favorire lo sviluppo di un’economia collaborativa, capace di creare nuove opportunità, sia per i consumatori sia per gli operatori. Ciò nonostante, ci sono alcuni punti che ci vedono distanti dalla valutazione dell’AGCM”. Secondo il fondatore di Gnammo “Va considerato che la sharing economy, e il proprio potenziale, esistono unicamente grazie alla tecnologia: la crescita e la diffusione del fenomeno si poggia sulla viralità e sui nuovi sistemi digitali/elettronici. E’ grazie all’innovazione tecnologica che piattaforme come AirBnb o Blablacar, ma anche Gnammo stesso, hanno potuto svilupparsi ed espandersi, attraverso un passaparola ‘virtuale’ che si è tradotto in risultati concreti e positivi. Per questo – afferma Cristiano Rigon – ritengo che l’utilizzo delle piattaforme digitali per l’esercizio dell’attività di home restaurant non rappresenti tanto un limite, quanto piuttosto un’opportunità di promozione e pubblicità che altrimenti non avrebbe se rimanesse confinata tra le mura domestiche di una casa privata. Al contrario, la piattaforma e quindi internet sono l’unica via che hanno gli home restaurant per ottenere visibilità”. Riguardo all’obbligo imposto dalla legge di pagare la prestazione esclusivamente online “Riteniamo che la trasparenza sia un aspetto fondamentale. La tecnologia facilita la tracciabilità delle transazioni, allontanando i ‘furbi del contante’ e lo spauracchio del ‘è tutto fatto in nero’. È bene ricordare – sottolinea Cristiano Rigon – che l’home restaurant è un’attività destinata al privato cittadino, non all’imprenditoria: non si può pensare che lo stesso sostenga un rischio d’impresa, dove l’impresa non esiste. Riteniamo pertanto corretto che l’utente possa disdire anticipatamente, entro certi limiti temporali, la propria prenotazione, ed allo stesso tempo che il fornitore del servizio sia tutelato, non avendo magazzino, dall’aver fatto acquisti che poi non riuscirebbe a smaltire. Questo anche nell’ottica di ridurre lo spreco di cibo che si genera con il cosiddetto “no show”. Quanto all’osservazione fatta dal Garante rispetto ai limiti sui proventi che la legge va a imporre “Gnammo è assolutamente concorde anche se su basi differenti – afferma Rigon – Occorre precisare che detti limiti risulterebbero incostituzionali laddove si andasse ad inquadrare l’attività come libera impresa, cosa che la legge non va a toccare. Va ricordato che la definizione stessa di home restaurant inquadra l’attività come non professionale, e quindi fuori dai canoni propri di un’impresa, dove fondamentali sono i numeri di crescita ed il rischio che tutto ciò comporta. Per questo sosteniamo con forza che non si debbano avere limiti sul fatturato, per consentire agli operatori di valorizzare prodotti della tradizione e del territorio senza dover stare attenti al “costo del cibo”. Crediamo invece opportuno ragionare sul porre dei confini, anche numerici, così come è stato fatto a suo tempo per le attività di B&B, proprio al fine di ribadire che si sta normando un’attività non professionale, senza che questi siano di freno alla crescita del settore”.
Gnammo si trova, invece, concorde con l’AGCM nel sostenere che l’articolo 5 comma 3 del DDL in oggetto sia da riformulare. “Sarebbe positivo – dichiara Cristiano Rigon – se i B&B potessero ampliare la propria offerta, includendo quella ristorativa. Tuttavia occorre ricordare che già oggi, a prescindere da questa normativa, i regolamenti regionali sul turismo vietano questa possibilità, proprio per garantire equilibrio tra quelli che sono gli adempimenti cui devono sottostare alberghi ed hotel e le poche regole che hanno i B&B, in virtù dei loro limiti tra cui questo. Crediamo sia opportuno andare a precisare meglio il comma, per cui Gnammo aveva già fatto una proposta di emendamento che andava ad escludere, per tali soggetti, la possibilità di effettuare eventi di social eating in via esclusiva per gli ospiti del B&B o Affittacamere. Riteniamo infatti – conclude Rigon – che, in linea con quanto suggerito dalla commissione europea, occorra tutelare la crescita della sharing economy e quindi consentire a chi utilizza ad esempio piattaforme come Airbnb per affitti a breve termine di poter proporre anche eventi di social eating, unendo così l’opportunità di home sharing con quella del food sharing”.
Per l’Antitrust il disegno di legge sugli home restaurant limita la libera concorrenza
L’Antitrust italiano con un provvedimento a firma del suo Presidente Giovanni Pitruzzella, pubblicato nell’ultimo bollettino dell’Autorità, si schiera contro il disegno di legge sugli home restaurant. Il disegno di legge in questione (DDL n.S.2647) dal “Disciplina dell’attività di home restaurant” è stato già approvato dalla Camera dei Deputati (vedi post di SocialEconomy del 17 gennaio 2017 https://socialeconomy.mobi/2017/01/17/la-camera-dei-deputati-ha-approvato-la-proposta-di-legge-sullhome-restaurant-la-parola-adesso-passa-al-senato/) ed ora è in Senato dove attende la discussione finale. L’Antitrust nel testo pubblicato oltre a ricordare che la Commissione Europea ha invitato gli Stati membri a favorire lo sviluppo della sharing economy, afferma che il Disegno di Legge in questione “Introduce limitazioni all’esercizio dell’attività di home restaurant che non appaiono giustificate”. La motivazione di questa posizione risiede nel fatto che il provvedimento normativo limiterebbe la concorrenza in modo eccessivo. In particolare l’Antitrust individua alcuni elementi contenuti nel Disegno di Legge come lesivi della libera concorrenza: obbligo di utilizzo di piattaforme digitali per svolgere il servizio di home restaurant; obbligo per il consumatore di pagare la prestazione prima di averne beneficiato; numero massimo di coperti che possono essere allestiti; reddito annuo massimo che l’attività in esame può generare; l’esclusione delle attività di B&B e Case Vacanza in forma non imprenditoriale dalla possibilità di ampliare l’offerta di servizi extralberghieri con quella del servizio di home restaurant. nella parte finale del documento Giovanni Pitruzzella, Presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sentenzia che “Il DDL che disciplina l’attività di home restaurant appare nel suo complesso idoneo a limitare indebitamente una modalità emergente di offerta alternativa del servizio di ristorazione e, nella misura in cui prevede obblighi che normalmente non sono posti a carico degli operatori tradizionali, risulta discriminare gli operatori di home restaurant, a favore dei primi, senza rispettare il test di proporzionalità, necessarietà delle misure restrittive rispetto al perseguimento di specifici obiettivi imperativi di interesse generale, come invece richiesto a livello
europeo”. Per questi motivi l’Antitrust auspica che “Al fine di superare i profili discriminatori che i rilievi sopra svolti siano tenuti in adeguata considerazione in occasione del prosieguo dell’iter legislativo sul DDL in questione nonché in occasione dell’emanazione del Decreto ministeriale che dovrà definire le modalità di controllo dell’attività degli operatori”.
Link al Bollettino dell’Antitrust
http://www.agcm.it/component/joomdoc/bollettini/13-17.pdf/download.html
L’Antitrust invia una segnalazione al Parmalento e al Governo per una rapida riforma del settore Taxi e Ncc. Obiettivo aumentare la concorrenza
Il settore dalla mobilità non di linea (taxi e ncc) è regolato da una legge ormai vecchia di 25 anni (legge n.21 del 15 gennaio 1992) e richiede una riforma complessiva. In questa ottica l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) ha inviato a Parlamento e Governo una segnalazione per sottolineare la necessità di mettere la normativa al passo con l’evoluzione del mercato. L’Autorità ritiene che la strada da perseguire per la riforma del settore debba innanzitutto passare da un alleggerimento della regolazione esistente. A tal fine dovrebbe essere garantita una maggiore flessibilità operativa ai soggetti dotati di licenza taxi e al tempo stesso dovrebbero essere eliminate le disposizioni che limitano su base territoriale l’attività degli operatori NCC. Queste riforme garantirebbero una piena equiparazione dal lato dell’offerta tra gli operatori dotati di licenza taxi e quelli dotati di autorizzazione NCC e faciliterebbe lo sviluppo presso il pubblico di forme di servizio più innovative e benefiche per i consumatori (tipo Uber black e Mytaxi). La riforma dovrebbe anche riguardare quella tipologia di servizi che attraverso piattaforme digitali mettono in connessione autisti non professionisti e domanda finale (come il servizio Uber Pop). Tale regolamentazione – tenuto conto dell’esigenza di contemperare la tutela della concorrenza con altri interessi meritevoli di tutela quali la sicurezza stradale e l’incolumità dei passeggeri – dovrebbe essere tuttavia la meno invasiva possibile, limitandosi a prevedere una registrazione delle piattaforme in un registro pubblico e l’individuazione di una serie di requisiti e obblighi per gli autisti e per le piattaforme, anche di natura fiscale. È chiaro che queste misure determinerebbero una immediata estensione dell’offerta di servizi di mobilità non di linea a tutto vantaggio dei consumatori finali. La possibilità di successo di una tale riforma in senso pro-concorrenziale del settore è tuttavia legata all’adozione di misure idonee a limitare quanto più possibile l’impatto sociale dell’apertura del mercato. A beneficio dei tassisti in servizio al momento dell’entrata in vigore della nuova normativa, l’Autorità pertanto suggerisce alcune forme di compensazione che potrebbero essere finanziate tramite la costituzione di un Fondo finanziato dai nuovi operatori e dai maggiori introiti derivanti da possibili modifiche del regime fiscale. La mossa dell’Antitrust è sicuramente da lodare perché coglie perfettamente una delle essenze della sharing economy: favorire la libera concorrenza nell’interesse dei consumatori.
Link al documento dell’Autorita Garante della Concorrenza e del Mercato http://www.agcm.it/component/joomdoc/allegati-news/S2782Segnalazione.pdf/download.html
Taxi: l’Antitrust accende un faro sui principali radiotaxi di Roma e Milano. Presunto ostacolo a MyTaxi e agli operatori che offrono servizi innovativi
Nell’era dell’ascesa del car sharing, del ride sharing e delle altre varie forme di mobilità urbana tipiche della sharing economy, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato, a seguito di una segnalazione della società Mytaxi Italia, due procedimenti istruttori per possibile violazione del divieto di intese restrittive della concorrenza, nei confronti delle principali società di gestione del servizio radio taxi a Roma: Radiotaxi 3570 Soc. Coop., Cooperativa Pronto Taxi 6645 S.c., Samarcanda S.c., e a Milano: Taxiblu S.c. (02 4040) Yellow Tax Multiservice S.r.l.(02 6969), Autoradiotassi Soc. Coop.(02 8585) Secondo quanto si legge nella documentazione pubblicata dall’Autorità entrambi i procedimenti riguardano le clausole di esclusiva contenute negli atti che regolano i rapporti tra le società di gestione del servizio di radio taxi e i tassisti soci/aderenti. “Tali clausole, ove applicate ad una percentuale maggioritaria dei tassisti in un dato ambito territoriale (come accade a Roma e Milano), appaiono idonee ad ostacolare, se non ad impedire, – scrive L’Antitrust nel suo comunicato stampa – l’utilizzo simultaneo da parte dei singoli tassisti di vari intermediari per la fornitura di servizi di raccolta e smistamento della domanda del servizio taxi, ed in particolare ad ostacolare o rallentare l’ingresso nel mercato di nuovi operatori che offrono servizi innovativi di questo tipo come l’applicazione per smartphone e tablet gestita da Mytaxi Italia S.r.l., che mette direttamente in contatto l’utenza e i tassisti e offre anche un servizio di rating dell’offerta”. MyTaxi Italia è la filiale italiana del un gruppo fondato nel giugno 2009 e che dal 2014, dopo la fusione con Moovel GmbH, appartiene al gruppo automobilistico tedesco Daimler AG. Mytaxi è attiva nella gestione di un’app per smartphone e tablet che mette in collegamento diretto tassisti e utenti e opera in Italia, a Roma e a Milano, dal 2015.
L’Antitrust al Parlamento: “Una nuova regolamentazione su Uber e le app digitali per il trasporto urbano”
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) con un provvedimento datato 29 settembre e reso noto oggi, attraverso un comunicato stampa, si è occupata di sharing economy. Per l’authority occorre disciplinare al più presto l’attività di trasporto urbano svolta da autisti non professionisti attraverso le piattaforme digitali per smartphone e tablet. Si parla di Uber e delle app che consentono di accedere a questo servizio, in aggiunta o in alternativa ai taxi e alle auto Ncc (noleggio con conducente). In risposta a un quesito posto dal ministero dell’Interno su richiesta del Consiglio di Stato, l’Antitrust con il provvedimento a firma del suo Presidente Giovanni Pitruzzella, auspica che “il legislatore intervenga con la massima sollecitudine al fine di regolamentare – nel modo meno invasivo possibile – queste nuove forme di trasporto non di linea, in modo da consentire un ampliamento delle modalità di offerta del servizio a vantaggio del consumatore”.
Lo sviluppo di queste nuove App e anche l’adozione di strumenti tecnologici simili da parte delle compagnie di radio-taxi stanno provocando in tutto il mondo complesse questioni d’interferenza con i servizi tradizionali. Da qui, la sollecitazione dell’Antitrust a regolamentare il settore per garantire la concorrenza, la sicurezza stradale e l’incolumità dei passeggeri, definendo un “terzo genere” di autisti oltre a quelli dei taxi e degli Ncc.
Quanto ai servizi UberBlack e UberVan che si differenziano tra loro per la diversa tipologia di veicoli utilizzati – le berline fino a quattro posti il primo e i mini-bus o monovolume da cinque posti in su l’altro – l’Antitrust ribadisce “la legittimità, in assenza di alcuna disciplina normativa, della piattaforma, trattandosi di servizi di trasporto privato non di linea, come riconosciuto anche dal Consiglio di Stato”. La stessa Autorità giudica “di fatto inapplicabili” gli obblighi stabiliti dalla legge vigente (n.21/92), ritendo che “una piattaforma digitale che mette in collegamento tramite smartphone la domanda e l’offerta di servizi prestati da operatori Ncc non può infatti per definizione rispettare una norma che impone agli autisti l’acquisizione del servizio dalla rimessa e il ritorno in rimessa a fine viaggio”.
Per quanto riguarda UberPop, il servizio svolto da autisti non professionisti, l’Antitrust si richiama all’ordinanza con cui il Tribunale di Milano – bloccando l’utilizzazione dell’App sul territorio nazionale – “ha evidenziato che l’attività in questione non può essere svolta a discapito dell’interesse pubblico primario di tutelare la sicurezza delle persone trasportate, sia con riferimento all’efficienza delle vetture utilizzate e all’idoneità dei conducenti, che tramite adeguate coperture assicurative per il trasporto di persone”. Perciò l’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato invita il legislatore ad adottare “una regolamentazione minima di questo tipo di servizi”, con l’intento di “sottolineare con forza gli evidenti benefici concorrenziali e per i consumatori finali derivanti da una generale affermazione delle nuove piattaforme di comunicazione”. Vale a dire “una maggiore facilità di fruizione del servizio di mobilità, una migliore copertura di una domanda spesso insoddisfatta, una conseguente riduzione dei costi per l’utenza e, nella misura in cui si disincentiva l’uso del mezzo privato, un decongestionamento del traffico urbano”.
La sharing economy è un’opportunità che va colta
Socialeconomy ha incontrato Marco Pierani, Responsabile delle relazioni istituzionali di Altroconsumo per approfondire lo stato dell’arte e le prospettive future della sharing economy in Italia.
Negli Stati Uniti si sta dibattendo su esigenze di regolamentare la sharing economy. Secondo lei sarebbe necessario avviare il dibattito in Italia?
Il dibattito è già avviato anche in Italia, l’importante è che si incanali nella giusta direzione, condivido la necessità di regolamentare la sharing economy se questo significa abilitarne appieno le opportunità trasferendo contestualmente le garanzie per i consumatori in maniera adeguata ai nuovi modelli di business. Se invece regolamentare significa voler imbrigliare le potenzialità della sharing economy in termini di innovazione e apertura del mercato dentro logiche e normative obsolete, allora non ci siamo.
Altroconsumo si è schierata a fianco di Uber nella vicenda taxi milano, ci spiega come mai?
La nostra posizione era ed è in linea con quella espressa dall’Autorità per i Trasporti, così come dall’Antitrust. Abbiamo preso atto della decisione del Tribunale di Milano di bloccare Uberpop. Nell’ordinanza il giudice, pur riconoscendo l’interesse dei consumatori nei confronti dei nuovi servizi, interpreta in maniera stringente l’obsoleta normativa sui taxi a sfavore dell’innovazione. Le decisioni su crescita e sviluppo di nuovi modelli di business, con adeguate garanzie e tutele per gli utenti, non possono essere prese tuttavia nelle aule dei tribunali ma devono passare dal Governo e dal Parlamento. I consumatori italiani vogliono vivere in un Paese che abbracci l’innovazione e che, al contempo, sia in grado di mantenere un opportuno livello di tutele e garanzie, Altroconsumo si continuerà a battere perché sia riconosciuto in capo ai consumatori il sacrosanto diritto di poter beneficiare dell’innovazione tecnologica.
L’economia condivisa può portare reali vantaggi ai consumatori? Se si quali?
Noi ne siamo convinti, l’apertura del mercato, l’innovazione e la concorrenza portano sempre benefici ai consumatori. Internet ha portato e porterà ancora molti benefici ai consumatori, è il medium, lo strumento e il “luogo” attraverso il quale creare e trasferire valore ai consumatori. Ma c’è una variabile ulteriore, scatenata più recentemente proprio grazie a questa caratteristica e alla potenza di Internet, preme ormai forte sui modelli tradizionali delle nostre relazioni sociali e industriali e non c’è più in gioco solo lo sviluppo economico ma anche quello sociale e democratico del nostro Paese, sbaglia infatti, e di grosso, chi guarda alla sharing economy come l’ultima moda effimera dei fighetti del web. Una nuova generazione di consumatori si è già resa protagonista di questa vera e propria rivoluzione, in tale contesto il consumatore, lungi dall’essere ancora il soggetto debole e passivo da tutelare, diviene il volano dell’innovazione partecipando al contempo come fruitore e fornitore a questi nuovi modelli di business.
Una regolamentazione della sharing economy potrebbe frenarne lo sviluppo?
Sì se l’intento è repressivo o burocratico no se si guarda al futuro con apertura e ottimismo.
Il successo della sharing economy in Italia secondo lei nasce dalla crisi economica attuale?
Direi piuttosto che il successo della sharing economy nel nostro Paese è legata anche a una naturale caratteristica degli italiani a condividere, lo abbiamo fatto sempre anche se in forme ovviamente diverse nel passato. A maggior ragione oggi come Paese abbiamo una grossa opportunità che va colta. Per converso comincia a farsi consistente il dubbio che il trascinarsi della crisi possa dipendere invece proprio dalla mancanza di coraggio da parte delle nostre Istituzioni nell’abbracciare il treno dell’innovazione, con tutta la sua carica di distruzione creativa.
Quali sono le linee chiave dello sharing economy act che proponete?
Come dicevo deve guardare al futuro abilitando l’innovazione, non imbrigliandola, e dare risposte concrete alla nuova domanda dell’utenza in tutti i settori coinvolti dal cambiamento delle regole del mercato. In attesa della realizzazione di tale quadro normativo, i nuovi modelli di business della sharing economy debbono e possono tuttavia essere governati attraverso regole e principi negoziali, identificati e condivisi con le imprese che producono e forniscono piattaforme tecnologiche e servizi abilitatori della sharing economy. A tale scopo Altroconsumo, ha presentato il Manifesto per una sharing economy sostenibile e rispettosa dei diritti dei consumatori aperto alla firma di tutti gli operatori della sharing economy che, condividendone i principi, si impegnino con noi ad adottare uno o più strumenti di autoregolamentazione che garantiscano, nei diversi settori di mercato nei quali operano, regole chiare circa i diritti di utenti e consumatori nella duplice veste di fornitori e fruitori di beni e servizi anche attraverso la collaborazione tra consumatori e piattaforme per l’eliminazione di eventuali pratiche commerciali scorrette e clausole vessatorie, la risoluzione alternativa delle controversie (ADR) e la responsabilizzazione dei gestori delle piattaforme nei confronti degli utenti.
Negli Stati Uniti la sharing economy è diventata uno dei temi delle presidenziali. Secondo lei avverrà lo stesso in Italia alle prossime politiche?
Noi ci occupiamo di rappresentare e tutelare i consumatori e non di politica, i politici sono nostri interlocutori importanti in quanto decisori pubblici. Certo, nella dialettica tra i soggetti imprenditoriali che, sulla base delle leggi vigenti, chiedono tutela e protezione per i loro vecchi modelli di business e quelli che, al contrario, chiedono specularmente sia riconosciuto loro il diritto ad innovare si inserisce oggi con forza, su questa stessa linea, la sacrosanta pretesa dei consumatori a poter beneficiare dell’innovazione tecnologica. Questo potrebbe anche diventare anche un volano interessante per una forza politica che volesse farsi vero portavoce del nuovo.